Casa di riposo per anziani gay nella capitale

Anziani omosessuali danno vita ad una nobile iniziativa: una casa di riposo lgbtq. Scopriamo insieme i dettagli!

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Il desiderio di essere accuditi dopo aver varcato la soglia dei sessant’anni è il sogno di tutti, soprattutto quando vengono a manifestarsi complicazioni come problemi motori che portano un anziano a non essere più autosufficiente come una volta. Se poi oltre a questi problemi fisici si aggiungono anche quelli di tipo economico, cosa fare? I figli spesso trovano il giusto compromesso trasferendo i propri genitori in una casa di riposo per anziani.

Per fortuna esistono numerose strutture di questo genere in Italia e all’estero: a pagamento (ultimamente cresciute come i funghi) e pubbliche, all’interno delle quali, per avere un posto, bisogna aspettare tempo. Anche se la soluzione migliore per l’anziano a voltre potrebbe essere quella di rimanere nella propria dimora, circondato dai propri affetti, tuttavia questa condizione si verifica sempre più raramente.

La questione diventa ancora più grave quando la persona è sola, senza figli, senza nessuno che l’accudisca, con una misera pensione e una salute malandata. Che cosa fare per questa categoria? Questa è la domanda che si è posta un gruppo di anziani over sessanta della capitale, i quali hanno deciso di creare la prima casa di riposo (cohousing d’Italia), per anziani gay.

Anche gli anziani gay, come i giovani e meno giovani, sono vittime, tutt’oggi, di discriminazioni perché omosessuali. Anche loro come gli altri, avrebbero voluto essere trattati con amore dal prossimo, potersi esprimere liberamente, senza alcun tipo di pregiudizio, cosa che purtroppo non accadeva nelle case di riposo dove alloggiavano in precedenza.

Esiste un pensiero omofobo nella società di oggi? Purtroppo sì, e questo ne è uno dei tanti esempi che si rincorrono giorno dopo giorno, sulle cronache dei giornali.

Casa di riposo

La casa di riposo per anziani omosessuali è nata con una mission ben precisa: dare il diritto di vivere l’anzianità in modo corretto, senza aver sempre addosso gli occhi indiscreti della società c a uomini e donne omosessuali le quali, più degli altri, sono stati vittime di distriminazione. Ecco i nobili ideali che guidano il movimento per la casa di riposo per gli anziani lgbt, un gruppo di persone che in gioventù, ha militato nei movimenti di liberazione omosessuale.

Promotore di questa ardua impresa è Nicola di Pietro che, con il circolo Mario Mieli, ha creato un progetto per gli anziani gay chiamato Angelo Azzurro, con il quale ha cercato di sensibilizzare i servizi territoriali della capitale riuscendo così nel 2015, a far finanziare dalla Regione Lazio e dal Comune di Roma la sua proposta.

Non vogliono finire soli in un ospizio omofobo. Il loro intento è costruire una comunità dove ci sia solidarietà.

Alla domanda se questo sia un ulteriore modo per autoghettizzarsi (ancora di più di quello che la società ha fatto sino ad oggi), rispondono che non è nel loro intento isolarsi, anzi, totalmente il contrario. La loro è una proposta seria per aprire spazi liberi dove ognuno possa sentirsi se stesso.

Naturalmente vivere in una comune non è così facile: pareri diversi, stili di vita diversi, caratteri diversi… ognuno, giustamente, vuole mantenere la propria privacy. Tuttavia, se si vuole costruire qualcosa in cui si crede, in cui ci si può sentire meglio, allora si troverà il giusto accordo per continuare questo lavoro insieme.

Nel Cohousing autogestito non si vuole scappare dalla realtà, anzi, la si vuole costruire. Oltre agli spazi residenziali per la comunità, ci sono anche quelli per persone non omosessuali che possano vivere all’interno della comune nel rispetto e nell’accettazione della “diversità”. Inoltre, si vogliono realizzare anche laboratori culturali, attività artigianali e spazi sociali. A questo punto ci si chiede: di quale ghettizzazione stiamo parlando?

Anziani gay

È chiedere troppo sentirsi a casa con i propri simili nell’ultima fase della propria vita? Questa è la richiesta degli anziani della casa di riposo lgbt di Roma. La loro è una generazione che ha vissuto la rivoluzione sessuale.

Ci sono diverse persone all’interno di questa comune: ognuno con il proprio passato alle spalle, ognuno con una vita diversa. C’è chi era un artigiano, chi un insegnante, docenti, giornalisti, critici e artisti. Persone che hanno rotto ogni tipo di rapporto con le proprie famiglie di origine (qualcuno spesso viene anche cacciato) e che nei “classici” centri anziani, hanno trovato solo ostilità.

La maggior parte, purtroppo, non si è unita civilmente in matrimonio al grande amore della propria vita e se hanno figli, sono venuti al mondo da legami eterosessuali. C’è chi ha vissuto la propria omosessualità (parliamo sia di uomini, sia di donne), alla luce del sole. Altri invece, per cause personali, ha dovuto tacere. Ora non hanno più il timore di essere discriminati o di perdere il lavoro per la loro identità sessuale.

Per loro oggi la vita, prende una strada diversa. Ora c’è un grande progetto da realizzare in comune, tutti insieme. Si avranno delle difficoltà, ma loro non si abbattono. Sono quelli che hanno vissuto un periodo critico come quello dell’AIDS (alcuni di loro sono sieropositivi) e non avevano nessun programma per il futuro. Molti non pensavano nemmeno di sopravvivere. Invece sono ancora lì a combattere, a condividere idee su un progetto che prima o poi, si realizzerà. Il coraggio vince sempre.

Scritto da Bruna Mancini

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