Alessandro Gassman (che ha aggiunto una seconda “n” in fondo al cognome per ripristinare la grafia originaria della sua famiglia), figlio d’arte del grande Vittorio, debuttò nel mondo del cinema proprio grazie al padre, co-firmando e co-dirigendo nel 1982, il film autobiografico Di padre in figlio.
Razzabastarda, quindi, tecnicamente potrebbe essere classificata come opera seconda dell’attore passato anche alla regia, ma sarebbe del tutto inutile raffrontare due opere così diverse e lontane nel tempo.
Il film è tratto dalla piece teatrale Cuba and his Teddy Bear di Reinaldo Povod, che a suo volta è stato portato in teatro dallo stesso Gassman con il nome Roman e il suo cucciolo, raccogliendo un unanime successo e portandosi a casa il Premio UBU del 2010 come migliore spettacolo.
Curiosamente, data la distanza di 31 anni, quella messa in scena dal novello cineasta è ancora una volta la storia di un rapporto tra genitore e figlio, unita alla problematica dell’integrazione degli immigrati arrivati nel Paese. Protagonisti del film sono infatti Roman (Gassman stesso), un rumeno giunto in Italia trent’anni fa, e suo figlio Nicu (Giovanni Anzaldo), abbandonato dalla madre dopo la nascita.
Il primo è un uomo rude, grezzo, che per garantire un futuro migliore al figlio, amato più della propria persona, è entrato senza più uscirne nei giri dello spaccio di cocaina; il secondo è allo stesso tempo dipendente dalle attenzioni del padre, al quale è avvinto da un rapporto di odio-amore: se da una parte si sente soffocare, non riuscendo a trovare una propria identità, dall’altra Nicu si vergogna delle proprie origini, che tenta di nascondere a ogni costo.
Nel cast anche Michele Placido, nel ruolo dell’avvocato che più volte ha tirato fuori dai guai Roman, e Madalina Ghenea, la bellissima prostituta di cui si innamora Nicu, il quale per trovare una propria autosufficienza decide di sfidare il padre nello stesso giro di affari loschi.
