Il messaggio berlusconiano è modulato sugli elettori asini, al resto del Paese ci pensano gli spazzini della tv

Scrive Giovanni Sartori, citando gli autorevolissimi dati di Tullio De Mauro, che il 70 per cento degli italiani è pressoché analfabeta: è incapace di comprendere un testo scritto di una minima complessità, da un articoletto di giornale al bugiardino delle medicine, non sa scrivere due parole in croce e in quanto alla competenza politica, se interrogato, risponde cose come "Berlusconi è il presidente della Repubblica", o altre amenità, spesso pure peggiori.

Questa asinocrazia che domina il paese, dice Sartori, è una pacchia per la politica che trova un elettorato incapace di vigilanza e facilmente manipolabile. È facile immaginare che, quando argomenta in questo modo, il vecchio professore abbia in mente Silvio Berlusconi, quello che non si stancava mai di ripetere ai primi candidati di Forza Italia che "l'elettore medio è come un bambino di 12 anni e neppure tanto intelligente".

Del resto buona parte del discorso berlusconiano, dal nuovo miracolo economico ai comunisti mangiabambini per arrivare al popolo dell'amore contro quello dell'odio e dell'invidia, è stato da sempre pensato, costruito e modulato sulle corde di quell'Italia degli asini di cui sopra, incapace di recepire dei messaggi dotati di una minima elaborazione e ben felice di accogliere una politica che parla il linguaggio del tifo calcistico e dei reality show.

Anche il recente comizio in piazza San Giovanni, di fronte ai fan adoranti che intonavano la canzoncina "Meno male che Silvio c'è", rappresenta un eccellente esempio di questa intenzione di fare breccia nella parte culturalmente più debole e sprovveduta del paese. Quando ci si presenta, da miliardario e uomo più potente del paese, come "uno del popolo", quando si racconta che l'immigrazione clandestina è sparita o che la sinistra vuole "vietare i pagamenti in contanti superiori ai 100 euro", quando si promette di sconfiggere il cancro, è evidente che ci si sta rivolgendo a chi è del tutto sprovvisto dei mezzi intellettuali per attivare un barlume di pensiero indipendente e di giudizio critico.

All'altra parte del paese ci pensano poi politici, giornalisti e intellettuali a libro paga del Cavaliere che, nei giornali e nei programmi di approfondimento della tv (del resto ignorati dall'Italia degli asini), hanno il compito di far digerire gli slogan da seconda media a quelli che non si nutrono solo di veline e tronisti e che trovano irritante o avvilente che gli si racconti di partito dell'amore e di sconfitta del cancro in tre anni.

Questi "massaggiatori del messaggio" sono persone che occupano posti di grande prestigio e responsabilità, ministri, parlamentari, direttori di giornale, ma certo fa una certa pena vederli costantemente impegnati, in televisione o sui giornali, a rettificare, precisare, puntualizzare, rivedere, chiarificare le boutade del capo, che d'altronde non possono essere lasciate così come sono davanti a un pubblico che si elevi sopra la licenza media. Ieri per esempio guardavo il ministro Sacconi dalla Gruber alle prese con le promesse del Cavaliere sui tumori o Veneziani da Lerner e mi domandavo: ma chi glielo farà fare di ridursi a spazzini delle sparate del profeta dell'amore?

Scritto da Style24.it Unit

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