Skyline: spettacolare invasione aliena dalla finestra di casa. Ovvero tanta noia

La fantascienza è forse il genere cinematografico (assieme al fantasy e all’horror-splatter) che più beneficia dell’avanzamento tecnologico e, in subordine, di grossi budget. Skyline, in uscita domani nelle sale italiane, è il prototipo perfetto del film che punta tutto sugli effetti speciali ma si dimentica poi di una sceneggiatura, attori, interpretazioni decenti, senso della narrazione e tutto ciò che rende un film un’opera compiuta.

Non ci si stupisce quindi se scorrendo il curriculum dei due registi, i fratelli Strause, questi risultano essere degli assi della computer grafica e di tutto ciò che è trucco digitale nel cinema: tra i film cui hanno messo mano ci sono 2012, Avatar, 300, Il curioso caso di Benjamin Button, Iron Man 2, giusto per darvi un’idea. Purtroppo però i due non hanno saputo darsi una regolata e hanno deciso non solo di dirigere il film ma si sono anche dimenticati di ingaggiare un direttore del casting, prendendo i prima attori che capitava loro di incontrare durante la loro attività principale. 

Il cast infatti è composto principalmente da attori televisivi o di film di serie B (fermo restando che il sottoscritto non ha nulla contro le serie americane, da un paio di decenni a questa parte spesso di altissimo livello): Eric Balfour lo ricordo come un personaggio ricorrente in quel delirio-incubo ad occhi aperti, moraleggiante e ipocrita, che era Settimo Cielo; Donald Faison invece era l’orsacchiottone Turk di Scrubs; infine Brittany Daniel mi pare sconvolgesse la vita del povero Dawson nel quasi omonimo telefilm. Si tratta quindi di facce sconosciute, che però si cimentano in interpretazioni di basso livello, un elemento non da poco, quello recitativo, quando si deve rendere credibile qualcosa di straordinario come un’invasione aliena.

Giusto, dimenticavo la trama: in pratica i protagonisti si trovano in un attico di Los Angeles per festeggiare il compleanno di uno di loro, quando ecco arrivare delle enormi astronavi aliene, coadiuvate da uno stormo di creature volanti dal design bio-meccanico (debitore forse delle visioni di H. R. Giger), che ricordano un po’ degli insetti. Questi esseri volanti emettono una strana luce blu che ipnotizza e affascina gli esseri umani che la fissano troppo a lungo, allo scopo di strappare loro il cervello, mezzo di sostentamento per gli extraterrestri: si tratta di un modo piuttosto originale di rapimento e lascia intravedere delle implicazioni interessanti sul rapporto uomini-alieni, anche se non vengono mai pienamente svelate. Accanto alle truppe aeree ci sono degli essere a forma di polipo, sorta di scout in avanscoperta, mentre dei bestioni alto come dei palazzi, a metà tra il troll, l’elefante e il rinoceronte rappresentano l’artiglieria pesante.

Come si può intuire il film è piuttosto spettacolare per tutto ciò che riguarda animazione, design e concept delle creature: si vede che i due registi sono tra i maggiori esperti nel settore e chi è appassionato di certe vicende troverà pane per i propri denti.

Ciò che invece fa naufragare miseramente le ambizioni della pellicola è quello che sta attorno all’invasione aliena: per la prima mezz’ora del film non succede praticamente nulla e i protagonisti sono talmente spocchiosi e antipatici che in seguito si fa decisamente il tifo per i mostri (grande sorpresa poi quando si vede che effettivamente lo avevano un cervello, dato che viene strappato a qualcuno!).

Inoltre, quando inizia a succedere qualcosa, i nostri fanno giusto un timido tentativo di uscire dall’edificio in cui si trovano, ma per il resto del tempo rimangono affacciati alla finestra a vedere cosa succede e a discutere sul da farsi: una specie di La finestra sul cortile, peccato che di tensione non ce ne sia neanche un po’.

La noia viene scongiurata brevemente da quel piccolo momento di fuga e poi dalla parte finale con l’entrata in scena dell’esercito americano che porta con sé un bel carico di esplosioni, nonché da un imprevisto colpo di scena che lascia spalancato un portone per il seguito. Un gran peccato questi momenti non siano stati ampliati e approfonditi, perché le sequenze d’azione non sono malvagie (fermo restando la qualità animalesca della recitazione) e come già detto tutta la parte virtuale è decisamente intrigante.

Si tratta in definitiva di un film con delle idee interessanti, sprecate in maniera magistrale, ma che  mantengono un certo fascino, soprattutto se collegate col finale che cambia la prospettiva della vicenda: ci si dovrebbe augurare un seguito diretto da un regista vero, anche se purtroppo non si può consigliare la visione del primo (e per ora unico) episodio della possibile saga.   

Scritto da Style24.it Unit

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