Malattia della bellezza, l’ossessiva ricerca della perfezione fisica

L'avvento dei mass media ha contribuito ad aspettative fisiche sempre più perfette ma difficilmente raggiungibili. Ecco cos'è la malattia della bellezza.

La “malattia della bellezza” si potrebbe descrivere come una sorta di ossessiva ricerca della perfezione a livello fisico. Chi ne è soggetto pare sia spinto soprattutto da quelle che sono le aspettative (sue e degli altri) sui corpi definiti perfetti e quindi accettati dalla società.

Andiamo più nel dettaglio per quanto riguarda le cause di questo disturbo e il modo più efficace per contrastarle, provando anche a rispondere ad una domanda: le cose stanno cambiando?

Malattia della bellezza: le origini del malessere

Malattia della bellezza, in lingua originale “beauty sick” è un termine coniato dalla psicologa ed autrice Renee Engeln. Viene usato per indicare tutte quelle persone che non sono mai contente del proprio aspetto e rischiano anche la propria salute nel tentativo di raggiungere determinati standard di bellezza.

Tra le origini del malessere si può trovare un’indole personale più debole. Ma anche i mass media, dalle riviste alla televisione, dal cinema ai social network, hanno contribuito ad aumentare un’ansia sociale che si è poi tradotta nella ricerca ossessiva della perfezione, per soddisfare determinati canoni estetci. Essere continuamente sottoposti a immagini di fisici perfetti, privi di cellulite o qualsivoglia difetto in un’epoca in cui la chirurgia estetica è la prassi, può spingere il soggetto all’emulazione. I rischi sono spesso deleteri per la sua salute fisica e mentale. Si pensa però che anche grazie all’arrivo della body positivity le cose siano cambiate. Ma fino a che punto?

malattia della bellezza

Malattia della bellezza: tutti i lati della body positivity

Proprio sui social, regno in cui la malattia della bellezza prolifera, si è fatto strada il movimento della body positivity. Il suo obiettivo è la normalizzazione di tutti quei corpi non socialmente accettati: taglie over 50, ma anche pelle soggetta a macchie, cellulite ed acne. Tutte cose assolutamente comuni, ma che i media negli anni hanno cercato di cancellare. In poco tempo anche in Italia, moltissime vip ed influencer si sono unite alla causa: tra tutte Aurora Ramazzotti, Giulia De Lellis e Matilda De Angelis.

Anche la body positivity però, rischia di cadere in alcuni cliché. Un esempio è ciò che è successo all’attrice e conduttrice Vanessa Incontrada, criticata dopo essersi mostrata senza veli su una copertina di Vanity Fair, con lo scopo di normalizzare un corpo non più conforme a quegli stessi canoni a cui lei stessa si era sottoposta. Ma allora la body positivity serve davvero? La risposta positiva, si può trovare nel cambio di rotta intrapreso da una delle ultime case di moda che della perfezione ne aveva fatto un vanto: Victoria’s Secret. Il lussuoso brand di intimo infatti, recentemente ha deciso di rinunciare ai suoi celebri “Angeli”.

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Malattia della bellezza: vietato demonizzare

Uno dei problemi della malattia della bellezza è la demonizzazione di un corpo non conforme alle aspettative. Allo stesso modo, uno dei problemi della body positivity, come abbiamo visto, è l’allontanamento di tutti quei corpi considerati perfetti o comunque accettati.

Per iniziare un percorso di vera accettazione del proprio corpo invece, occorre prima di tutto non demonizzare quello altrui, a prescindere da come appaia. Non bisogna però neanche prenderlo come esempio assoluto di perfezione. La malattia della bellezza deve trasformarsi in una cura sana del proprio corpo, imparando ad accettare i difetti e a valorizzare quelli che pensiamo possano essere i pregi.

Scritto da Arianna Giago

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