A Venezia vince “All the Beauty and the Bloodshed” di Laura Poitiras

L'epopea di una fotografa che si batte contro una multinazionale farmaceutica: a Venezia vince "All the Beauty and the Bloodshed" di Laura Poitiras

Alla 79ma Mostra internazionale del Cinema di Venezia vince il film documentario “All the Beauty and the Bloodshed” della regista Laura Poitiras. L’opera sulla vita dell’attivista Usa Nan Goldin è stata un pugno nello stomaco perché racconta della battaglia reale della Goldin contro le dipendenze e contro un colosso farmaceutico statunitense e le è valso il Leone d’Oro. A premiare il docufilm una giuria presieduta da Julianne Moore e composta dai registi Mariano Cohn, Leonardo Di Costanzo, Audrey Diwan, Rodrigo Sorogoyen, dall’attrice iraniana Leila Hatami e dallo scrittore e sceneggiatore giapponese Kazuo Ishiguro. Soddisfazione assoluta per un “cast” di assoluto pregio anche se non molto mainstream dato il format: Howard Gertler, John Lyons, Nan Goldin, Yoni Golijov

A Venezia vince il verismo di Laura Poitiras

La trama è avvincente perché risponde al modello “epico” molto“Usa” della lotta di un cittadino-Davide contro un sistema complesso-Golia: vi si narra l’emozionante battaglia dell’artista, fotografa ed attivista di fama internazionale Nan Goldin e lo si fa con diapositive, dialoghi intimi, foto e filmati inediti. Battaglia contri chi? Contro la famiglia Sackler, indicata come responsabile delle morti di overdose da ossicotone prodotto dalla Purdue Pharma. 

Un Oscar nel 2015 e il film su Assange

Ma chi è Laura Poitras? Si tratta di una “aficionada” dei riconoscimenti, visto che nel 2015 aveva vinto l’Oscar con Citizenfour, sul caso Edward Snowden e che aveva dato egregia prova di sé con Risk, sulla figura di Julian Assange. Ha detto la regista dopo aver ricevuto il Leone d’Oro: “Ho iniziato a lavorare a questo film con Nan nel 2019, due anni dopo che aveva deciso di sfruttare la sua influenza come artista per denunciare la responsabilità penale della ricchissima famiglia Sackler nell’alimentare la crisi da overdose”. 

“Incontravo Nan nei fine settimana a casa sua”

E ancora: “Il processo di realizzazione di questo film è stato profondamente intimo. Nan e io ci incontravamo a casa sua nei fine settimana e parlavamo. All’inizio sono stata attratta dalla storia terrificante di una famiglia miliardaria che ha consapevolmente creato un’epidemia e ha successivamente versato denaro ai musei, ottenendo in cambio detrazioni fiscali e la possibilità di dare il proprio nome a qualche galleria”. E in chiosa: “Tuttavia mentre parlavamo ho capito che questa era solo una parte della storia che volevo raccontare, e che il nucleo del film è costituito dall’arte, dalla fotografia di Nan e dall’eredità dei suoi amici e della sorella Barbara. Un’eredità di persone in fuga dall’America”.

Scritto da Giampiero Casoni

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