Fino a poco più di due settimane fa questo terremoto politico, la sconfitta così netta e addirittura umiliante della destra e del suo leader, risultava del tutto imprevedibile, e del resto nessuno tra sondaggisti e opinionisti l’aveva pronosticata. Da Milano a Napoli, passando per Cagliari, Trieste e Novara, la coalizione berlusconiana è stata respinta dagli elettori, bocciata senza appello, a volte con numeri impietosi.
Spiegare i motivi di questo capovolgimento di fronte non è facile, anche perché evidentemente le componenti sono molte.
Certo stupisce che – forse per la prima volta nella cosiddetta Seconda Repubblica – la consolidata e vincente strategia berlusconiana di conquista del consenso, imperniata sull’uso spregiudicato e monopolistico della televisione e sulla denigrazione dell’avversario facendo leva sulle paure dell’anticomunismo, non abbia funzionato.
Sembra quasi, e speriamo di non indulgere troppo nell’ottimismo, che gli elettori siano maturati, si siano svegliati dall’incantamento televisivo, finalmente consapevoli che il piccolo schermo non racconta la realtà, ma ne fornisce solamente un resoconto, molto spesso condizionato politicamente.
E che ancora si siano stufati dei toni urlati, delle sparate propagandistiche, delle rappresentazioni caricaturali di armate di zingari, mussulmani e cosacchi pronti a invadere città e paesi con il beneplacito dei comunisti nostrani, continuamente evocati e ormai – invece – quasi del tutto estinti.
Però non c’è da pensare che questo voto segni necessariamente la fine del berlusconismo e che sia immediatamente replicabile a livello nazionale. Non solo e non tanto perché sulle elezioni amministrative pesano evidentemente anche questioni locali – quando si perde un po’ ovunque la valenza politica è innegabile – ma anche perché nel voto nelle città è più facile per i cittadini accorgersi della manipolazione televisiva, della propaganda disonesta e faziosa, delle montature e della criminalizzazione strumentale dell’avversario.
La realtà è sotto gli occhi dell’elettore, fuori dalla porta di casa: risulta più difficile farsi incantare dalle balle televisive.
Quando invece le elezioni sono nazionali, quando si vota su questioni generali e complicate come la politica economica, la giustizia o la politica estera, le cose possono cambiare. Fermo restando che il voto degli elettori di domenica e di lunedì è stato almeno in parte espresso anche pensando a queste questioni, quindi la sensazione di una nuova maturità degli italiani rimane tutta.
Però, appunto la strada è lunga.
Finisco con due righe sulla sinistra e sul Pd, che spero abbia imparato almeno due cose: uno, le primarie appaiono un metodo vincente e irrinunciabile al quale affidarsi senza se e senza ma; due, si vince non tanto con improbabili alleanze al centro o con la destra antiberlusconiana, ma prima di tutto con una solida e coesa alleanza di sinistra riformista. Avranno imparato la lezione?
(In alto: i festeggiamenti a Milano per Pisapia, fonte:adnkronos).



