Toxic positivity: cos’è e a chi può riferirsi questa espressione?

Avete mai sentito parlare di Toxic positivity? Perché alcune persone finiscono per illudersi dell'idea che sempre tutto filerà liscio?

Toxic positivity cos’è? Con questa espressione ci si riferisce a quelle persone (chi non ne ha incontrata almeno una così!) che portano ai massimi estremi il proprio pensiero positivo. Nulla di sbagliato nell’avere una visione positiva di ciò che accade. Ma attenzione, mai estremizzare: non si ottengono effetti diversi da chi, dal canto suo, è negativo su tutto. Un atteggiamento, quello dei positivi “a tutti i costi”, noto come “toxic positivity”, positività tossica.

Toxic positivity: cos’è?

Da una parte ci sono i negativi di fronte a qualsiasi occasione si presenti, dall’altra troneggiano i positivi “per status”. Questi ultimi, avvertono un vero e proprio fastidio nei confronti di chi è scoraggiato, o talmente triste da scoppiare in lacrime. Non accettano chi parli di fallimento, o coloro che cercano un confronto poiché intrappolati in una crisi personale. La Toxic positivity, tuttavia, occlude una parte naturale di noi e, per questo, una parte da accettare e da esternare quando se ne avverte il bisogno. Ci si riferisce alle sensazioni di incertezza, inquietudine, confusione e quant’altro.

L’atteggiamento tipico di chi è “affetto” da Toxic positivity si ravvisa in precisi modi di fare o reagire. Chi è positivo “per status” ha sempre il sorriso sulle labbra, anche quando la situazione è tutt’altro che piacevole. Recita citazioni a tema resilienza in ogni occasione difficile o si appassiona alle chicche di maestri della motivazione. Cerca di frenare la rabbia sempre senza mai cedere ad una risposta d’istinto. La Toxic positivity porta anche a sentirsi “in colpa” quando si prova tristezza o sfiducia. Infine, porta sempre a ripetersi di potercela fare in qualsiasi occasione.

Come imparare ad attenuare l’ottimismo a tutti i costi?

Per non abbandonarsi all’estremo di essere positivi sempre e a tutti costi, bisogna focalizzarsi sul fatto che effettivamente vi sono situazioni in cui è normale versare in uno stato di paura. La malattia e la morte ne sono un esempio. Si nutre paura, in genere, per ciò che di nuovo entra in maniera dirompente a far parte delle nostre vite. In questi casi, troppa negatività finirebbe per alimentare questo stato di paura che potrebbe immobilizzare una persona.

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Ma l’ottimismo a tutti i costi si rivela allo stesso modo tossico. Perché? Avere paura ci lega alla realtà. La paura per le incombenze è comunque una sentinella che ci aiuta anche a prendere giuste decisioni o ad evitare il pericolo. Essere vivi non significa soltanto essere felici, positivi, e contenti. Non sempre tutto fila liscio, e il ventaglio di emozioni che scaturisce l’incertezza, la confusione o la crisi è anche quello da esternare ed esplorare con maturità.

A volte per scacciare le emozioni negative, bisogna semplicemente esplorarle. Un atto di coraggio, doloroso a volte, ma attraverso cui non nascondiamo alcuna verità a noi stessi. Vivere la propria tristezza aiuta, del resto, a conoscersi meglio e ad imparare ad autogestirsi anche quando c’è qualcosa che non va.

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