La crudeltà nei femminicidi: un’analisi oltre la giurisprudenza

Esploriamo il fenomeno dell'overkilling e le sue implicazioni culturali e giuridiche.

La crudeltà come aggravante giuridica

In ambito giuridico, la “crudeltà” è un concetto complesso che si configura come un’aggravante prevista dall’articolo 61 del Codice penale italiano. Essa si manifesta quando un reato viene commesso con modalità particolarmente efferate, infliggendo sofferenze inutili alla vittima. Tuttavia, la prova di questa aggravante non è semplice: è necessario dimostrare che la crudeltà non fosse funzionale all’omicidio, ma rappresentasse un surplus di violenza gratuita. Questo aspetto è emerso chiaramente nel caso di Cecchettin, dove i giudici hanno escluso la crudeltà, nonostante la brutalità dell’atto.

Il fenomeno dell’overkilling

Un aspetto cruciale da considerare è il fenomeno dell’overkilling, che si riferisce all’inflizione di un numero eccessivo di ferite rispetto a quelle necessarie per causare la morte. Questo comportamento è frequentemente riscontrato nei femminicidi e suggerisce una volontà di annientamento totale della vittima. Secondo studi recenti, come quello pubblicato su ScienceDirect, l’overkilling non è solo un atto di violenza, ma può essere interpretato come un segnale di premeditazione e di un intento di infliggere sofferenza. La criminologa Flaminia Bolzan ha evidenziato come nel caso Cecchettin, l’uso di un solo coltello e la morte per dissanguamento indichino una chiara volontà di infliggere dolore.

Il contesto giuridico e culturale

Recentemente, il governo italiano ha introdotto un disegno di legge che prevede il femminicidio come reato autonomo nel Codice penale. Questa misura, pur essendo un passo avanti, solleva interrogativi sulla sua reale efficacia. La definizione di femminicidio come omicidio motivato da odio verso le donne è importante, ma senza un adeguato dibattito e coinvolgimento delle associazioni che si occupano di violenza di genere, rischia di diventare un’operazione di facciata. Inoltre, l’ergastolo come pena massima potrebbe non essere sufficiente se non accompagnato da misure preventive concrete. È fondamentale che la risposta alla violenza di genere non sia solo punitiva, ma anche educativa e culturale, per affrontare le radici del problema.

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