Beppe Grillo e la congiura del silenzio di tv e giornali

Nei sondaggi Grillo va oltre il 7% e diventa terzo partito del Paese. Eppure in tv e sui quotidiani non appare mai, se non per essere criticato. Insomma, siamo al solito metodo italiano per bloccare gli outsider: la censura da Cina popolare

Beppe Grillo nelle segrete stanze dei partiti fa sempre più paura. Secondo i sondaggi il Movimento 5 stelle oscillerebbe tra il 5 e il 7,2 per cento dei voti, cioè potrebbe essere il terzo partito italiano, dopo un Pdl poco sopra al 20 e un Pd intorno al 26.

Ma le cifre sono da prendere con le molle, visto che in qualsiasi rilevazione la metà degli intervistati si dichiara astensionista o indecisa. Milioni di voti potenziali che, al momento di andare davvero alle urne, nella maggior parte dei casi non rimarranno inespressi, e che difficilmente premieranno i partiti tradizionali. Insomma, il boom di Grillo – o di nuovi ed eventuali protagonisti dell’antipolitica – potrebbe trasformarsi in un vero terremoto.

Tutto questo è sapientemente tenuto nascosto dai mass media, che fin dalla sua discesa in campo hanno sistematicamente oscurato Grillo e il suo movimento, di fatto rimossi dai contenuti dell’informazione mainstream.

È un dato obiettivo, che bisogna avere il coraggio di denunciare come inaccettabile e antidemocratico, e lo dice uno che non ha grandissima simpatia per il comico genovese, e che ne ha più volte denunciato il populismo e lo stile da uomo della provvidenza, figura che il nostro Paese ha già sperimentato più volte con gli esiti che conosciamo.

Insomma, per rendere meglio l’idea: Grillo avrebbe più consensi di Casini, ma provate a fare un po’ di conti tra lo spazio concesso in tv al primo e al secondo, non vi sembra che qualcosa non torni? Dunque, sembra che la soluzione escogitata dai partiti romani – per usare una felice espressione della Lega delle origini – per contrastare l’avanzata dei grillini sia quella di sempre: l’oscuramento mediatico, la censura da Cina popolare, la congiura del silenzio: se non ne parli in tv tronchi sul nascere la possibilità che la maggioranza silenziosa lo possa conoscere e votare.

Bisogna vedere quanto nel 2012 una strategia di questo tipo, che negli anni è sempre risultata premiante, possa funzionare. Perché se il silenzio lo puoi imporre facilmente in televisione e sui giornali collaterali ai partiti della maggioranza, più difficile se non impossibile è riuscire nell’impresa sui nuovi media e sul web, refrattario e di fatto impermeabile a qualsiasi direttiva e manovra censoria. Poi è anche vero che su internet ci naviga poco più della metà degli italiani, e allora forse l’operazione può avere ancora un senso.

Certo è triste constatare che la strategia dei partiti sia questa, al di là dei balbettii che ogni tanto Alfano, Bersani e Casini improvvisano sulla questione morale e la riforma della politica. Si è visto che in questo campo non c’è nessuna intenzione di operare in modo serio e incisivo, come per esempio sulla questione del finanziamento pubblico ai partiti: tutto quello che si promette, ammesso e non concesso che arrivi in porto, e qualche controllo in più, ma sui soldi nessuno è disposto a rinunciare a un solo centesimo.

È una scelta conservatrice, miope, incosciente e da asserragliati nel bunker: così si rischia di lasciare davvero praterie sterminate all’antipolitica, magari a personaggi che possono essere anche ben peggiori di Beppe Grillo. Con l’avvertenza che questa volta l’informazione controllata del piccolo schermo potrebbe risultare insufficiente a evitare un nuovo cataclisma, che si presenterebbe con prospettive decisamente più  incerte e inquietanti di quello che segnò la fine della Prima Repubblica.

(In alto: Beppe Grillo, fonte: infophoto).

Scritto da Style24.it Unit
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