Parità di genere sul lavoro: perché è fondamentale che tutti abbiano le stesse opportunità

Negli ultimi decenni sono stati compiuti progressi importanti per quello che riguarda la parità di genere nel mondo del lavoro: l’accesso delle donne a professioni qualificate è cresciuto, così come la consapevolezza del valore della diversità nei contesti organizzativi.

In molte realtà, la parità è diventata parte integrante delle strategie di sviluppo e delle politiche di inclusione.

Tuttavia, la piena uguaglianza non è ancora stata raggiunta. Persistono differenze, più o meno accentuate a seconda dei Paesi, nelle opportunità di carriera, nei livelli retributivi e nella presenza nei ruoli decisionali. Questo dimostra come, nonostante siano stati compiuti passi importanti, la parità di genere non possa ancora essere considerata una conquista definitiva, ma resti un obiettivo da perseguire con continuità e determinazione.

Parità di genere: un fattore strategico per imprese ed economia

La parità di genere sul lavoro costituisce un fattore determinante per la crescita e la competitività delle aziende.

Le organizzazioni che promuovono la diversity nei propri organici, in particolare nei ruoli decisionali, mostrano una maggiore capacità di innovare, anticipare i cambiamenti e rispondere alle crisi.

L’apporto di competenze e prospettive differenti arricchisce i processi decisionali e riduce il rischio di visioni omogenee e poco dinamiche. Ne beneficia anche il clima interno: ambienti inclusivi e rispettosi delle differenze rafforzano la motivazione, migliorano la collaborazione e contribuiscono a trattenere i talenti, un aspetto cruciale in un mercato del lavoro sempre più competitivo.

L’impatto positivo della parità di genere emerge anche a livello macroeconomico. Secondo il rapporto The Power of Parity del McKinsey Global Institute, infatti, in Europa una piena partecipazione delle donne al mercato del lavoro potrebbe generare un aumento del PIL del 9% entro il 2030. Si tratta di una prospettiva che mette in evidenza come la valorizzazione del talento femminile non sia solo una scelta etica, ma una condizione necessaria per la prosperità futura del continente.

In questo contesto, diverse realtà italiane stanno sviluppando politiche concrete per promuovere l’uguaglianza. Un esempio significativo è rappresentato dal percorso intrapreso da Risorse per la parità di genere, agenzia per il lavoro che ha definito un programma interno articolato, con meeting di gruppo, formazione dedicata e iniziative di sensibilizzazione, ottenendo la Certificazione per la parità di genere con un punteggio degno di nota.

Parità di genere sul lavoro: a che punto siamo in Italia

Negli ultimi anni l’Italia ha compiuto diversi passi avanti sul fronte dell’uguaglianza di genere, ma il divario nel lavoro resta ancora evidente. Nel 2022 il tasso di occupazione femminile (51,1%) era più basso di oltre 18 punti rispetto a quello maschile (69,2%), uno scarto tra i più alti in Europa, dove la media è di circa dieci punti. La distanza si accentua in presenza di figli: tra i genitori con almeno un figlio lavora l’82% degli uomini contro appena il 58,1% delle donne.

Sul piano retributivo e delle carriere le differenze sono altrettanto nette. Il gender pay gap in Italia si attesta al -10,7%, con punte del -12,9% tra i dirigenti. La quota di donne nei ruoli di vertice è del 29%, contro il 35% della media europea.

Tuttavia, gli ultimi rapporti dell’EIGE mostrano che proprio l’Italia, nell’ultimo decennio, ha registrato uno dei maggiori miglioramenti tra i Paesi membri, segnale che le politiche introdotte e l’attenzione crescente delle imprese stanno iniziando a produrre effetti.

Se dunque da un lato permangono squilibri che penalizzano la partecipazione femminile al mercato del lavoro, dall’altro emergono segnali incoraggianti che indicano un percorso di cambiamento in atto, soprattutto grazie all’impegno di Istituzioni e imprese.

Il ruolo delle istituzioni e delle aziende

La promozione della parità di genere sul lavoro richiede un impegno coordinato che coinvolga istituzioni e imprese.

In Italia, sul piano istituzionale, è attualmente in vigore la Strategia Nazionale per la parità di genere 2021-2026, un piano quinquennale che delinea un percorso strutturato di interventi in più ambiti: dall’accesso al lavoro all’equità retributiva, dalle competenze alle opportunità di crescita, fino all’equilibrio nella distribuzione del tempo e alla rappresentanza nei luoghi decisionali.

L’obiettivo è guadagnare cinque punti nel Gender Equality Index dell’EIGE entro il 2026 e riportare il Paese tra i primi dieci in Europa nell’arco di dieci anni, creando le condizioni perché le donne possano partecipare pienamente alla vita economica e sociale.

Accanto a questa cornice istituzionale, le aziende sono chiamate a un impegno altrettanto rilevante, attuando politiche concrete per assicurare parità salariale, percorsi di carriera trasparenti, strumenti di conciliazione vita-lavoro e modelli di leadership inclusiva.

Un impegno che, al giorno d’oggi, permette anche di ottenere la Certificazione per la parità di genere, istituita dal Governo nel 2021 per attestare in modo ufficiale gli sforzi portati avanti dalle imprese su questo tema.

Esperienze concrete di questo tipo mostrano come l’impegno delle aziende possa tradursi in cambiamenti tangibili, capaci di incidere positivamente sia sul clima organizzativo sia sulle prospettive di crescita professionale delle persone.

Un cambiamento anche sul piano educativo e culturale

Naturalmente, la parità di genere, sul lavoro come in ogni altro ambito della società, si costruisce anche attraverso un impegno costante sul piano educativo e culturale. È nella scuola e nell’università che si pongono le basi per superare gli stereotipi e favorire scelte libere da condizionamenti, capaci di aprire a percorsi professionali più diversificati e inclusivi.

Un esempio evidente riguarda le discipline scientifiche e tecnologiche. Secondo gli ultimi dati disponibili, nell’anno accademico 2022-23 le ragazze rappresentavano solo il 37% degli iscritti ai corsi universitari STEM, con una quota che scende al 16% nell’area ICT. Questi numeri raccontano un divario che ha radici culturali profonde e che si traduce in una minore presenza femminile nei settori più innovativi e meglio retribuiti del mercato del lavoro.

Per invertire questa tendenza è necessario incoraggiare le studentesse a intraprendere percorsi formativi diversificati, offrendo programmi di orientamento, progetti di mentoring e modelli di riferimento positivi. Solo un cambiamento culturale che parte dall’educazione e si consolida poi nel mondo del lavoro potrà davvero ridurre le barriere che ancora oggi limitano le opportunità delle donne.

Verso un futuro del lavoro sempre più equo

Il percorso verso la piena parità di genere resta lungo, ma i progressi compiuti negli ultimi anni mostrano che il cambiamento è possibile.

Rimane quindi fondamentale continuare a lavorare su più fronti, tra politiche pubbliche incisive, pratiche aziendali inclusive e un investimento costante nell’educazione e nella cultura dell’uguaglianza.

Solo in questo modo sarà possibile costruire un futuro del lavoro sempre più equo, capace di trasformare le differenze in una risorsa e di generare benefici duraturi per l’intera società.

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