Nei giornali e nei talk di sinistra si stupiscono che Monti sia vincolato alle condizioni di Berlusconi, ma il governo è nato grazie a un accordo molto chiaro con il Pdl (e lo sapevano tutti)
Si fa un gran parlare del rifiuto del Pdl di affrontare i temi relativi alla riforma della Rai (ma prima ancora che di riforme la tv di stato ha bisogno di un vero e proprio salvataggio economico) e alla giustizia, specialmente per quanto attiene a misure legislative contro la corruzione.
Nei giornali e nei talk di sinistra sembrano tutti essersi svegliati di colpo da un bel sogno, catapultati nella realtà da Marte: l’Unità parla esplicitamente di “ricatto” a Monti e l’intellighenzia radical chic di Libertà e giustizia organizza il solito convegno un po’ inutile per lanciare un allarme decisamente tardivo.
Ora, non vogliamo fare i complottasti ingenui e paranoici, non ci immaginiamo un incontro segreto in qualche bunker governativo tra Mario Monti e Silvio Berlusconi, con tanto di giuramento di sangue sul divieto di intervenire in materia televisiva e di riforma della giustizia.
Ma, allo stesso tempo, è evidente che quando il premier incaricato si è consultato con i partiti per formare il governo, ognuno ha posto le sue condizioni. Quelle di Berlusconi – che del resto ricalcano il suo intero agire politico dalla discesa in campo ad oggi – erano: fai quello che ti pare ma lascia stare Rai e giustizia.
Sospendiamo il giudizio sul fatto che Monti abbia deciso comunque di andare avanti e di ottenere l’appoggio del Pdl, così come sulla decisione del Pd di sostenere un esecutivo che vive sull’accettazione supina di un out out berlusconiano.
Sta di fatto che le cose stanno così, lo sapevano tutti ed era chiaro come il sole fin dall’inizio. Quindi ora recitare il ruolo degli scandalizzati o dei finti ingenui – ma come, Monti si piega al Pdl? – fa un po’ ridere. E anche un po’ tristezza, con tutto il rispetto per Gustavo Zagrebelsky e Roberto Saviano.
(Foto: infophoto).



