Fantascienza dalla Spagna, presentata un anno fa a Venezia
Immaginatevi di trovarvi finalmente alla Mostra del Cinema di Venezia, dopo tanti anni in cui avete sognato questo momento. L’emozione si è un po’ stemperata perché è venuta a contatto con la prosaica opacità della realtà, ma in ogni caso avete visto tantissimi film, molti dei quali probabilmente non arriveranno mai in sala o se succederà sarà con un certo ritardo.
C’è questa sera in cui non vorreste fare troppo tardi perché avete già sul groppone diverse nottate passate a fare le ore piccole.
C’è solo un film di fantascienza spagnolo, Eva, che potrebbe essere interessante, ma la locandina, la sinossi e la provenienza (Spagna e fantascienza non sono un connubio poi così felice, storicamente parlando) vi farebbero propendere per una bella dormita a casa.
Accade però che mentre siete in giro per il Lido incrociate una vostra amica, più gatta che ragazza, nelle movenze e negli occhi, che vi convince con fare seducente e muliebremente autoritario ad accompagnarla alla proiezione che volevate saltare.
Ed ecco come mi è capitato di vedere Eva al Festival del cinema di Venezia dell’anno scorso.
Tagliando la testa al toro: alla mia amica, a digiuno di fantascienza, è piaciucchiato, mentre a me, Dickiano e uraniano da molto tempo, ha lasciato piuttosto freddo. Il motivo è semplice: a fronte di una confezione che lascia ben sperare per quanto riguarda il futuro del cinema di genere in Spagna, la sceneggiatura del film e la regia sono quanto di più piatto e scontato ci si possa aspettare da una storia che è a conti fatti la riproposizione del mito di Pinocchio in chiave futurista.
I dilemmi etici – le intelligenze artificiali sono vive, hanno delle emozioni vere? – vengono risolti nel modo più sbrigativo possibile, concentrandosi su dei personaggi non così interessanti quanto potrebbe essere stata la vicenda della piccola Eva se spinta alle estreme conseguenze.
Resta un piccolo film, che si scioglie come neve al sole dopo la visione, parallelamente all’ambientazione innevata e fiabesca, e – personalmente – un ricordo cristallizzato di una bella serata.
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