Un remake che ci porta dal “boom” alla “crisi”
Correva l’anno 1959 e l’Italia si trovava ancora in quello che sarebbe stato definito il periodo del “boom”: un’economia in crescita esplosiva, ottimismo e fiducia verso il futuro, e alle spalle il drammatico ricordo di una guerra che aveva ridotto il Paese in ginocchio.
Correva l’anno 1959 e Dino Risi produceva una delle sue commedie più riuscite, Il vedovo, in cui una straordinaria coppia di interpreti come Franca Valeri e Alberto Sordi davano il meglio di sé e mettevano in scena una battaglia sociale e dei sessi che sarebbe rimasta nella storia del cinema italiano.
Corre l’anno 2013, e l’Italia si ritrova in un periodo di profonda prostrazione economica, con un’imposta fiscale mai così alta, una classe politica mai così incompetente e inconcludente e un futuro che si prospetta sempre più nero. Non si parla più di “boom” ma di “crisi”, e anche il cinema italiano non è che se la passi così bene.
A Massimo Venier (una lunga collaborazione con il trio Aldo, Giovanni e Giacomo, Il giorno in più, Generazione 1000 euro), viene affidato l’incarico di realizzare un remake del film di Risi, naturalmente trasposto ai giorni nostri.
Al posto della Valeri troviamo Luciana Littizzetto (ormai onnipresente in tv e al cinema), mentre Fabio De Luigi ottiene il ruolo che fu di Sordi.
La sfida è ostica, come ammette lo stesso regista: “Un film strepitoso, amato da tutti. Un regista leggendario, al suo meglio, maestro di un cinema che ci riempie ancora di gioia e di orgoglio. Attori inarrivabili, al limite della perfezione e forse anche qualcosa di più.
C’era di che spaventarsi, in effetti. Però quella storia formidabile, quei personaggi stupendi… Sono stati come una calamita. L’idea di potere passare dei mesi immerso in cose così belle alla fine è stata irresistibile. È una cosa che ha unito un po’ tutti noi: sapevamo che era un’impresa improba, forse impossibile, ma non vedevamo l’ora di affrontarla.”
Tira un’altra aria, quindi, ma il protagonista Alberto Nardi è sempre un incapace.
Vanitoso e vacuo, nonostante i propri insuccessi da imprenditore continua a voler dare di sé un’immagine giovane e dinamica da grande innovatore. L’unica sua ancora di salvezza è in realtà la moglie Susanna Almiraghi, colei che fino a ora ha finanziato le imprese fallimentari del marito, discendente di una grande famiglia di industriali del Nord, ricca, potente e influente
I rubinetti a un certo punto si sono finalmente chiusi e Nardi affoga sempre più nei debiti, almeno finché Susanna non rimane vittima di un incidente aereo. Di colpo libero, Alberto si ritrova miliardario e felice. Susanna tuttavia è viva, si è trattato di un equivoco durato solo ventiquattrore. La situazione inaspettata ha però messo le pulci nell’orecchio dell’imprenditore, il quale inizia a pianificare di sbarazzarsi dell’insopportabile coniuge.



