American Life, di Sam Mendes: in viaggio, alla ricerca di un sogno

Siamo stati a vedere American Life, brutto titolo italiano, probabilmente ricalcato sulla scia di American Beauty – stesso regista – al posto dell’originale Away we go, più calzante al contenuto della pellicola.

Il film è l’ultima opera di Sam Mendes, regista premio Oscar per il suo debutto cinematografico, quell’American Beauty che, e qui faccio anche io mea culpa, ci stregò inizialmente tutti, per poi rivelarsi col tempo una modesta e un po’ impettita descrizione di un ribellismo di mezz’età  e di un adolescenzialismo depresso, il tutto a tinte un po’ troppo compiaciute. Parere personale, ovviamente, siete liberissimi di insultarmi nei commenti se siete di opinione diversa. Mendes proseguì poi la carriera con l’altrettanto brutto Era mio padre, il non pervenuto Jarhead e l’interessante ma troppo teatrale Revolutionary Road. E quindi, come una sorta di lato b del film con Leonardo di Caprio e Kate Winslet, eccoci tornati a Away we go.

Il film è la storia di una coppia molto innamorata ed affiatata che, vedendo crollare le proprie speranze di poter affrontare una gravidanza serena supportata dai genitori di lui, decide di girare per l’America e il Canada alla ricerca di una nuova casa, facendo visita in ogni località ad una coppia di amici-conoscenti che dovrebbero divenire i loro prossimi migliori amici e supporti morali.

Come si può intuire da queste poche righe di sinossi, la struttura dell’opera è leggermente schematica, cosa evidenziata dai cartelli riportanti le località verso le quali viaggia la coppia, formata da Verona, disegnatrice dai natali indo-americani (pellerossa, per intenderci) e il barbuto Burt, agente assicurativo. La trama pertanto non è particolarmente incisiva, si tratta soprattutto del rapporto-scontro dei due con diversi modi di vivere e di affrontare la realtà rappresentati dagli amici visitati. Se la prima parte, a causa di una caratterizzazione un po’ stereotipica, non decolla pienamente, è la seconda che regge su di sé la riuscita del film, andando a costruire dei ritratti e delle situazioni più autentiche che lasciano davvero qualcosa allo spettatore.

Il finale forse è preparato in maniera non eccelsa, ma si mantiene senz’altro coerente con ciò che sono state le caratteristiche del film: una certa lentezza, sguardo attento ai personaggi, ai loro caratteri e alle loro motivazioni, atmosfera soffusa, mai troppo accentuata, un tono spesso quasi sussurrato. Il punto di forza però, e qui si riconosce l’originale teatrale di Mendes, sta nella prova di tutti gli attori ma in particolar modo dei protagonisti che, con poche pennellate espressive rendono vividi e credibili due personaggi apparentemente comuni ma in realtà straordinari nel loro amarsi in maniera incondizionata, il anticonvenzionale e tenera allo stesso momento.

Il motivo principale del film, quasi un chiaroscuro di ciò che era stato Revolutionary Road, è proprio la ricerca di un modo sincero e leale di vivere il rapporto affettivo, al di fuori di schematismi, responsabilità sociali imposte convenzionalmente e aspettative esterne. Se la coppia Di Caprio-Winslet falliva nel loro intento sia perché mirava troppo in alto (Parigi, un destino quasi edenico, sovrannaturale) sia perché effettivamente lacerata da incertezze, dubbi e fratture interne, il binomio Krasinski-Rudolph (entrambi attori principalmente televisivi, straordinari) riesce invece nel proprio intento di ritrovare una casa propria, un posto – anche affettivo – in cui vivere, perché fa tesoro delle esperienze apprese, ma soprattutto vive la propria condizione speciale con pacifica semplicità (“Nessuno si ama come noi” dice Verone con totale sicurezza, priva di qualsiasi sfrontataggine, a Burt).

Dalle mie parole sembrerebbe che il film mi sia piaciuto enormemente: in realtà l’ho trovato abbastanza convenzionale per ciò che riguarda veste estetica e composizione delle inquadrature, per non parlare della mancanza di qualsivoglia idea di regia. Nonostante ciò, come si è visto, il film affronta in modo sincero e onesto un tema molto importante e interessante, e soprattutto crea un tono ed un’atmosfera proprie, che vale la pena assaporare, forse per riflettere sugli obiettivi e le mete che ci siamo prefissati.

Sam Mendes, stavolta sei promosso con sufficienza piena. Ti aspetto al varco col tuo prossimo film, in bocca al lupo!

Scritto da Style24.it Unit

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