Il Tg5 compie venti anni, ma nel passaggio da Enrico Mentana a Carlo Rossella e Clemente Mimun (attuale direttore) ha perso qualsiasi credibilità. Insomma: c’è poco da festeggiare…
Il 13 gennaio 1992 andava in onda per la prima volta il Tg5, un telegiornale nuovo di zecca proposto dagli schermi di Canale 5 e pensato per sfidare il monopolio informativo della Rai, in particolare del Tg1. Sono dunque venti anni esatti e per celebrare la ricorrenza si è organizzato un party ristretto a cui hanno partecipato Silvio Berlusconi, il figlio Piersilvio con Fedele Confalonieri (insomma i vertici Mediaset) e i nomi che hanno fatto la storia della testata, cominciando ovviamente da fondatore Enrico Mentana per finire con i due direttori che gli sono succeduti: Carlo Rossella e Clemente Mimun.
L’autocelebrazione, le sviolinate e le dichiarazioni ad effetto sono chiaramente comprensibili e giustificate, dice per esempio Mimun: “Quella sera (quella dell’esordio, ndb) entrammo nella storia” e ancora: “L’avvento del Tg5 ha comportato una vera e propria rivoluzione di tutto il costume informativo”; mentre Rossella afferma: “Nel Tg5 di oggi c’è la passione di Mimun, che era già mia, per i fatti della vita, quelli drammatici ma anche quelli gradevoli, con una visione sempre ottimistica”.
Non c’è dubbio che l’avvento del telegiornale di Canale 5 abbia rappresentato una piccola rivoluzione televisiva, e abbia indotto anche il Tg1 ad apportare dei cambiamenti nella direzione di uno stile meno paludato e istituzionale (anche se in questo senso aveva già profondamente innovato il Tg3 di Sandro Curzi). Ma non si possono giudicare questi vent‘anni come fossero un tutt’uno, perché tra il telegiornale firmato da Mentana e quello di Rossella e Mimun esistono differenze abissali di qualità e indipendenza editoriale.
Quando il Tg5 nacque, la scelta di Mentana per un notiziario molto incentrato sulla cronaca e con qualche concessione alle notizie più leggere, fu determinata soprattutto dall’esigenza di differenziarsi dall’imbalsamato Tg1, una specie di bollettino politico controllato dalla Democrazia cristiana, legato indissolubilmente al Palazzo e completamente indifferente alle esigenze informative del pubblico più giovane. Questa impostazione fu poi giocoforza mantenuta negli anni della discesa in campo di Silvio Berlusconi, perché evidentemente consentiva una qualche equidistanza dal padrone diventato leader politico.
Quando la formula Mentana non risultò più soddisfacente per l’editore entrato in politica, che pretendeva un telegiornale di parte e sponsor del suo partito e non un notiziario asettico, il fondatore fu cacciato e il timone affidato a due uomini di fiducia del Cavaliere: Carlo Rossella e Clemente Mimun. Che adottarono (stravolgendolo) lo stile del Tg5, l’attenzione alla cronaca e alle notizie di sport e spettacolo, non più per firmare un giornale neutrale, ma per cancellare le notizie sgradite al capo, addomesticare la cronaca politica e intasare il notiziario di gossip e di ottimismo a buon mercato funzionale per la propaganda del padrone. Insomma, tutta un’altra storia per la quale c’è pochissimo da festeggiare e di cui vantarsi.
(In alto: Cesara Buonamici, volto storico del Tg5 – fonte: Infophoto).



