Di nuovo un grande successo quello di Adriano Celentano e del suo show televisivo – musical – predicatorio Rock Economy.
Canale 5 infatti ha beneficiato di dati d’ascolto molto incoraggianti, e questa seconda serata conclusiva è stata persino migliore della prima, arrivando alla media del 33% di share.
Forse consapevole delle critiche avute per un eccesso di didascalismo improvvisato, il Molleggiato in questa seconda parte si è dedicato maggiormente allo sfruttamento del suo repertorio canoro, intonando canzoni molto apprezzate quali Il mondo in mi settima, Soli, Ringo, Viola, Il Ragazzo della via Gluck, l’omaggio a Lucio Dalla, in duetto con il sodale Gianni Morandi, Caruso, l’immancabile Azzurro e l’impronunciabile Prisencolinensinainciusol.
Di nuovo qualche stecca e qualche défaillance mnemonica, scusabili per l’età del cantante, in un concerto che in ogni caso ha dimostrato ancora una volta la grande forma di Adriano.
Non sono mancati gli attimi, attesi e temuti al tempo stesso, in cui il messaggio ecumenico l’ha fatta da padrone. Questa volta il discorso che più ha fatto clamore è stato quello intorno alla ricostruzione morale – politico – economica dell’Italia, anche grazie alle classi più agiate.
Alcuni estratti dal monologo di Celentano:
“I tempi sono maturi per ribaltare il nostro sistema di vita. Questo lo si può fare solo se combattiamo tutti per una stessa idea, la bellezza delle cose. Solo così è possibile sconfiggere la crisi e portare un’intera nazione a sognare qualcosa che può avverarsi. Un’intera nazione che sogna.
E stavolta anche i ricchi ci daranno una mano, come Leonardo Del Vecchio della Luxottica, Benetton, Prada, l’editore di questa trasmissione [ovvero Berlusconi], grazie al quale si è potuta fare, i padroni della Fiat.
Sono certo che loro lo faranno, se non altro per dare il cambio a quei poveri cammelli che da secoli sono condannati a passare per la cruna di un ago. Loro ci aiuteranno, in meno di 100 anni riporteremo l’Italia agli splendori di una volta. 100 anni passano in fretta“.
Non che si voglia smentire l’ottimismo di Celentano ma, insomma, ci vorrà davvero un secolo?!
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