In Rai preferiscono Miss Italia alle finali delle Paralimpiadi: il pubblico italiano, e non solo per colpa sua, non è ancora pronto a un’idea di sport diversa da quella dominante inculcata dai media, a scuola e in famiglia
Scrive un bell’articolo Valeria Sirabella, come le capita spesso, denunciando la programmazione della Rai che, mentre la BBC inglese dedica ai giochi paralimpici lo stesso spazio offerto alle altre Olimpiadi, decide di concedere cinque serate a Miss Italia e di relegare le imprese di Alex Zanardi e compagni ai canali tematici del digitale e a scarne finestre informative della normale programmazione generalista.
Qualcuno, ne sono sicuro, obietterebbe al discorso di Valeria col solito discorso sull’audience: quanto avrebbero fatto le Paralimpiadi in prima serata su Rai uno? Lo stesso ascolto di Miss Italia? E allora ci sarebbe da riprendere l’annosa questione sulla missione della televisione pubblica: deve pensare solo all’Auditel e ai ritorni pubblicitari o piuttosto assolvere il suo compito di servizio pubblico? Che lo paghiamo a fare il canone? La tv di stato può prefiggersi anche dei compiti educativi e di sensibilizzazione del pubblico?
Vi dico subito che non ho nessuna voglia di riprendere questi argomenti.
Trovo più interessante semmai provare a capire perché le Paralimpiadi avrebbero fatto meno ascolti di Miss Italia – circostanza su cui nessuno credo nutra dei dubbi – e perché in generale non siano un evento mediatico sfruttabile come in Gran Bretagna, dove sono riuscite a conquistare un’attenzione non scontata da parte di pubblico e media.
Allora, non prendiamoci in giro col politicamente corretto di maniera. Vedere un atleta con delle gravi disabilità, magari mutilato, è uno shock culturale non da poco per il telespettatore medio, soprattutto quello italiano.
Fin da ragazzi, siamo stati educati – in primis dai media, ma ci metterei anche scuola e famiglia – a considerare lo sport come uno strumento di esaltazione della forza e della perfezione fisica, come vetrina dell’avvenenza del corpo in salute, disegnato secondo i canoni dominanti dell’idea di bello.
Con un background culturale simile alle spalle, non è facile appassionarsi immediatamente alle Paralimpiadi. Anzi, è facile avere una reazione di rigetto. Di certo, per evolvere e maturare un’idea di diversità anche nello sport non basta mandare in onda qualche gara dei giochi paralimpici ogni 4 anni e parlare di disabilità sono in occasione di disservizi e discriminazioni, con la solita lacrimuccia ipocrita a favore di telecamera.
(In alto: Alex Zanardi esulta dopo il trionfo, fonte Infophoto).
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