Lorella Zanardo e il femminismo radicale sconfitto dalla bellissima piazza del 13 febbraio

Avevo espresso qualche dubbio sulla riuscita della manifestazione delle donne del 13 febbraio, per fortuna smentito in toto dalla grande partecipazione, per un certo atteggiamento di una parte delle promotrici, che mi sembrava ideologico ed elitario. Quell’atteggiamento riproposto per esempio da Lorella Zanardo, bravissima autrice del documentario “Il corpo delle donne“, nell’intervista rilasciata a Corrado Augias qualche giorno fa su Rai tre. Nella quale ribadisce l’idea che tutte le papi girl siano vittime, perché cresciute da una televisione che ha saputo fornirgli un solo modello di donna, quello appunto della soubrette svestita e muta, ornamento del maschio.

Insomma, siamo alla sociologia d’accatto: ma davvero qualcuno può arrivare a credere che il piccolo schermo, per quanto importante – e certo nessuno può venirlo a spiegare al sottoscritto, possa essere considerato l’unica fonte di modelli ed esempi di vita, l’unico agente della socializzazione, per dirla in lessico sociologico? E se anche fosse, ma così evidentemente non è, nella stessa tv italiana i modelli femminili non si riducono certo a quello, seppur dominante, della velina; una giovane – vivaddio – può anche imbattersi in cantanti, attrici, scrittrici, giornaliste, sindacaliste, imprenditrici, parlamentari e ministre, non solo in culi danzanti!

Questo per dire che ognuno almeno in parte sceglie i modelli a cui esporsi e ispirarsi, e continuare con questa logica da femminismo radicale degli anni 70, per la quale le donne sono tutte vittime del potere maschile, significa prima di tutto fare un torto a quelle tantissime ragazze che sognano carriere “normali” e scelgono di costruirsi il proprio destino sociale rispettando le regole del gioco, senza accettare facili e umilianti scorciatoie che conducono al letto del potente di turno.

Tutto ciò per fortuna la stragrande maggioranza delle donne italiane, e di quelle scese in piazza, l’ha capito benissimo, tanto che tra le manifestanti abbondavano i cartelli critici e sarcastici contro le arcorine del premier, da “Io lavoro tu Ruby” a “Non siamo Mi…netti”, per citarne solo un paio.

E, come ha scritto benissimo l’amica Eleonora Bianchini, l’aspetto più bello della mobilitazione è stato vedere le donne andare in piazza insieme a fidanzati, mariti, amici, padri, figli e amanti, insomma ai loro uomini, perché lo scontro ideologico di genere è roba morta e sepolta, e la differenza bisogna tracciarla tra l’Italia per bene e l’Italia piegata alla cultura sultanistica, a prescindere dalle differenze di sesso. Fermo restando che, in tutta questa faccenda, le colpe maggiori rimangono quelle del presidente bunga bunga e non certo delle ragazze, comprese le più ciniche.

Scritto da Style24.it Unit

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