Piccola delusione: i vigilanti mascherati divertono ma non convincono
Jim Carrey ha avuto ragione nel volersi dissociare dalla promozione di Kick-Ass 2. Naturalmente non per la dose di violenza contenuta nel film, né tanto meno per i rischi di emulazione (nella norma la prima, risibile il dibattito intorno alla seconda eventualità).
Il motivo è più semplice ma significativo, per tutti coloro che credono nella forza espressiva delle opere cinematografiche: questo seguito si disinteressa delle conseguenze della azioni mostrate, violando quel realismo psicologico di fondo che aveva caratterizzato il predecessore, il quale se non altro cercava di non eccedere in inverosimiglianza.
Esce dunque oggi nelle sale italiane la trasposizione cinematografica del secondo capitolo del fumetto di Mark Millar, nella quale ritroviamo i protagonisti Kick-Ass/Dave e Hit Girl/Mindy, nonché la loro nemesi Chris D’Amico/The Motherfucker. La ragazzina, ormai data in affidamento al poliziotto Marcus dopo la perdita del padre, continua di nascosto la propria opera di vigilanza mascherata; Dave le chiede di allenarlo per formare una squadra, ma quando Mindy si tira indietro per cercare di costruirsi una vita normale il ragazzo è costretto a rivolgersi a Internet per soddisfare il proprio desiderio di appartenere a qualcosa di più grande.
Viene così in contatto con la Justice Forever, un team di normali supereroi guidato dal Colonnello Stelle e Strisce, che pattuglia le strade della città cercando di preservarne la sicurezza. Sembrerebbe andare tutto per il meglio se non fosse per i folli intenti di Chris D’Amico: folle di rabbia e deciso a vendicare la morte del genitore boss della mala ucciso da Kick–Ass, il piccolo pazzo assolda una squadra di mercenari e dà avvio a un’escalation di violenza apparentemente inarrestabile.
Questa volta dietro la macchina da presa non c’è Matthew Vaughn, attualmente impegnato con l’atteso X-Men: Days of Future Past, ma il ben più anonimo Jeff Wadlow. La differenza di messa in scena purtroppo si nota e si fa sentire duramente. Il primo infatti era riuscito a infondere la giusta energia, nonché la drammaticità necessaria, nella pellicola originaria.
Ricordiamo per esempio la scena d’azione grazie alla quale veniva presentata Hit Girl, che aveva lasciato tutti con il fiato sospeso per la sorpresa e le ottime coreografie esibite.
In questo caso, invece, si sente l’inesperienza del regista che imbastisce sequenze action anonime e poco ispirate, che devono spingere sull’acceleratore dell’esagerazione per catturare l’attenzione dello spettatore, con un effetto clownesco che stona con le premesse.
E il film segue proprio questa direzione, in seguito alla scelta consapevole di puntare più sull’aspetto comico che sul dramma (in realtà molto presente nella narrazione). Ne esce fuori un’opera la cui forza risente molto delle prove svogliate e poco credibili degli attori (stupisce in particolare la poca incisività dell’altrove eccellente Chloe Moretz, mentre paradossalmente il più dedito e convincente pare proprio il dissidente a posteriori, Jim Carrey).
Qualche battuta va a buon fine, e si ride di gusto più di una volta, sancendo così il raggiungimento dell’obiettivo fissato dagli autori, ma permane l’impressione di un’occasione sprecata. Quello che poteva essere un blockbuster ad alto budget in grado di mostrare gli effetti di un comportamento folle eppure genuinamente eroico si rivela un normale (per quanto divertente) canovaccio di riscatto&vendetta tipico del cinema americano.
Peccato, perché le potenzialità c’erano e non erano minuscole, date dalla presenza di momenti potenzialmente drammatici e rivelatori, ma la velocità e la superficialità con cui vengono affrontati certi snodi narrativi e lo scarso impegno degli interpreti impedisce a Kick–Ass 2 di divenire l’oggetto originale e potente cui poteva – e forse doveva – mirare.



