Motoseghe rombanti e maschere di carne umana: l’orrore rurale è servito
Quando nel 1974 Tobe Hooper realizzò il primo e originario Non aprite quella porta, probabilmente non si aspettava che il suo film avrebbe riscosso un successo così eclatante, esercitando un’influenza profonda e costante all’interno del cinema horror americano, sopratutto nel sottogenere dello slasher.
Erano gli anni 70, e giovani registi come lui, tra di essi George A.
Romero e Wes Craven, utilizzavano immagini forti, disgustose, scandalose e shockanti per imbastire un discorso sociale che prendeva di mira lo stile di vita della rampante borghesia, sottolineando nel contempo l’arretratezza quasi primitiva della profonda provincia statunitense.
Non aprite quella porta, grazie anche a uno stile che riprendeva una certa povertà di mezzi del cinema documentario, riusciva a imprimere profondamente nella coscienza dello spettatore un disagio e un’angoscia notevoli, ben prima e non solo per la comparsa di Leatherface, il folle bardato da una maschera di pelle umana e armato di motosega (ispirato alla figura realmente esistita del serial killer Ed Gein).
Seguito poi da una fila di sequel obbrobriosi e ben poco in linea con l’assunto originale, il franchise della serie è stato recentemente riportato alla luce da un patinatissimo remake di Marcus Nispel, per poi subire il colpo di grazia attraverso addirittura un prequel, firmato dallo stesso Jonathan Liebesman che dirige anche questa ulteriore continuazione ai giorni nostri.
La trama del film prevede infatti che l’ultima discendente della famiglia di cannibali, interpretata da Alexandra Daddario, sia stata allontanata dalla folle influenza sin da piccola e cresciuta in una grande città da dei normali genitori adottivi.
La ragazza però dovrà fare i conti con la propria eredità quando verrà a sapere di essere l’unica proprietaria di una villa coloniale sita in Texas. Pronta a reclamare la magione, si avventurerà in un viaggio letale accompagnata dal fidanzato e la coppia di migliori amici (tra cui troviamo anche il figlio di Clint Eastwood, Scott).



