Il volto nuovo di Sky è… una barba e un ghigno molto conosciuti
Vendere sempre lo stesso prodotto, magari cambiandogli l’etichetta, modificando il formato, alterando leggermente uno degli ingredienti di base, ingaggiando un nuovo testimonial.
È una regola d’oro nel mondo degli affari: mai stravolgere (ma neppure diversificare) un prodotto di successo quando esiste un bacino di utenti pronti ad acquistarlo pur se è rimasto uguale a se stesso per lungo tempo.
A Sky conoscono bene questo dogma, tanto che abbiamo già visto come sia stato applicato con rigore a X-Factor. È ora il caso di Hell’s Kitchen Italia, ennesima versione tricolore dell’ennesimo programma culinario basato sull’ennesime ingiurie ringhiate da uno chef famoso (l’ennesimo, in effetti).
Proprio l’identità della figura del giudice-tiranno (nella versione originale è il leggendario Gordon Ramsey) rappresenta in pieno la mancanza di coraggio del talent show e dei suoi autori: ad accogliere gli sfortunati 16 partecipanti (8 donne e 8 uomini) ci sarà infatti Carlo Cracco, il “simpaticissimo” ed empatico cuoco-giurato di Masterchef, la cui terza edizione è già in fase di registrazione insieme ai fidati Barbieri e Bastianich.
Questo presenzialismo smisurato renderà pertanto il barbuto dittatore di pentole e padelle il vero protagonista dell’annata culinario-televisiva 2013-2014.
Se per quanto riguarda Masterchef le regole della sfida sono note, vale la pena ricordare in che modo è impostato Hell‘s Kitchen. Al posto di cuochi dilettanti troviamo dei veri e propri professionisti divisi in due squadre che si contendono un contratto da chef in un prestigioso ristorante. A parte le canoniche prove il cimento reale è quello di sopportare le urla che, come da copione, Cracco dovrà scagliare senza clemenza a ogni minimo errore o incertezza dei concorrenti.
Messo dunque da parte l’elemento di ammaestramento e di utilità mimetica spicciola, considerato l’alto livello tecnico-esecutivo e di sofisticazione delle ricette richieste, appare evidente che l’attrattiva di un cooking show del genere sia da ricercare nel mai troppo criticato sadismo del pubblico catodico. Non proprio un espediente su cui far leva con orgoglio…
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