Penso che lo si sia capito subito che non sarebbe stata una buona serata per il Festival di Sanremo, sin da quando è entrato in scena Beppe Fiorello a pubblicizzare la prossima fiction da lui interpretata dedicata a Domenico Modugno.
L’attore è stato protagonista di una scenetta durante la quale, indossando il celebre smoking azzurro appartenente al cantante, ha raccontato com’è nata la famosa Nel blu dipinto di blu e si è prodotto in un medley dei successi del nativo di Polignano a mare.
Peccato per l’enfasi da grande attore televisivo italiano, ma sicuramente col fratello Rosario non sarebbe andata meglio.
Fabio Fazio subito dopo si gioca senza ritegno la carta gnocca, come sottolinea giustamente l’altrettanto colpevole Luciana Littizzetto, e presenta sul palco la bellissima Bar Refaeli. Questa si è prodotta nel classico numero della bella statuina presa bonariamente in giro dalla coppia di conduttori (”impagabili” i bisticci linguisticci del tipo bar – happy hour). Lucianina sembra essere l’anello debole della catena sanremese: non che la comica sia priva di talento, ma le sue battute a raffica annoiano presto, sopratutto dopo la serata di ieri già satura delle caratteristiche mitragliate orto-frutticole.
È poi il turno di Carla Bruni, il personaggio che in teoria avrebbe potuto risollevare la situazione con una bella polemica, magari seguita da contestazione patriottica dalla platea. Invece niente: l’eterea chanteuse scende le scale con grande eleganza, ingrigita da un abito catacombale, canta alcune canzoni del suo repertorio e poi assiste alla solita tiritera della Littizzetto il cui ruolo, ormai lo si è capito, è fare quella che rosica (benevolmente, eh). Ecco quindi l’elenco delle fortune della signora Sarkozy, un confronto franco-piemontese e infine un duetto voce-chitarra che ha ricordato nelle intenzioni il grande Totò dei fraintendimenti idiomatici e nei risultati il più classico dei cinepanettoni.
Occasione sprecata in malo modo, perché forse qualche domanda interessante poteva essere proposta a una donna che ha avuto una vita piuttosto ricca di esperienze. Non come la Rafaeli che è arrivata a suonare la batteria fasciata da un vestito di pizzo trasparente. Imbarazzo più vero che simulato, da parte nostra e da parte sua.
Ma non si comprenderebbe fino a fondo il tedio di ieri senza accennare alla comparsa di Neri Marcorè, ottimo attore, grande imitatore, conduttore di buon livello, ieri costretto a fare l’imitazione di se stesso che imita Alberto Angela (ma perché, cosa c’entra col Festival?!).
Sarebbe stato anche divertente, forse, se il personaggio non fosse stato del tutto fuori contesto, vecchio e risaputo e non simpaticissimo se privo di una spalla adeguata. Fazio ha provato a metterci una pezza col suo Piero Angela, ma la ciambella non è riuscita col buco.
L’unico sussulto della serata è però arrivato dall’esibizione di Asaf Avidan, cantante israeliano che, per la prima volta in quella che dovrebbe essere una gara musicale, ha dimostrato di sapere incantare il pubblico con una voce devastante e un’interpretazione sofferta (ci perdonino gli altri Big e giovani in competizione, ma non c’è stato paragone alcuno).
Archiviata dunque la seconda puntata ci avviamo al giro di boa della terza, sperando in un supplizio più misericordioso.
Foto: Getty Images



