di Ferruccio Gattuso
Dài un’occhiata alla locandina del film, e non intuisci nulla. A dire il vero, sembra una foto in posa fatta su qualche passarella di festival. Dovrebbe, forse, evocarci il senso di “foto famigliare” solo apparentemente tranquilla? Ma per piacere. Dietro alla locandina, poi, c’è il film. Così piccolo che riesce a nascondervisi egregiamente. Un segreto tra di noi – ecco il titolo, come al solito inesorabilmente banalizzato dai nostri traduttori tricolori (l’originale è Fireflies In The Garden, e cioè Lucciole in giardino)- è un dramma famigliare, qualcuno lo ha ben definito un melò, dove il sopruso, le ossessioni e soprattutto le frustrazioni di un padre (un Willem Dafoe quasi mefistofelico per alcuni suoi ghigni mascellari, cui si dovrebbe chiedere il porto d'armi) radono al suolo l’equilibrio domestico di un’agiata famiglia americana dell’Illinois…
A uscirne a pezzi è soprattutto il figlio, Michael (interpretato da Cayden Boyd da giovane e da Ryan Reynolds da adulto: entrambi molto convincenti, loro sì che funzionano), mentre la moglie (una “svagata” Julia Roberts: l'attrice presta, troppo raramente per evidenti esigenze di copione, il suo magico sorriso, dopodiché svolge compito di ordinaria amministrazione, autolesionista in un drammone di queste proporzioni) sembra sopportare tutto con olimpica rassegnazione.
E questo è solo il punto di partenza: perché poi – in una ridda di disvelamenti che farebbe la felicità (soprattutto finanziaria) di qualsiasi psicanalista – ci sono parenti di mezzo, di entrambi i sessi, attraversati da problemi come un aborto in giovane età, la dipendenza dall’alcol, corna superficiali e una collezione di sensi di colpa assortiti da stendere un elefante. Un intreccio che ha l’abilità di conquistarti prima, ricattarti durante, e deluderti poi, in un finale che evoca speranze ma non spiega come queste speranze abbiano potuto realmente mettersi in moto.
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