Katy Perry e Taylor Swift giudicate conformiste, borghesi e bocciate in femminismo; promosse invece le colleghe di colore Rihanna e Beyoncé: sono le pagelle di Camille Paglia, la teorica del postfemminismo Usa.
Le star del pop Katy Perry e Taylor Swift bocciate in femminismo, sarebbero sostanzialmente la scialba riedizione delle “ragazzine timide e modeste dei borghessimi anni 50”, in poche parole delle bamboline innocue e accomodanti disegnate apposta per soddisfare i sogni erotici maschili.
Promosse invece le colleghe di colore Rihanna e Beyoncé, delle quali si celebrano le radici multiculturali: la prima “ha un elemento di intensità erotica e una sensualità ispirata al mare dei Caraibi” e la seconda “attinge alla profondità emozionale del gospel nero e all’insolenza spudorata dell’hip hop”.
Così parlò Camille Paglia, sociologa e teorica del postfemminismo, una delle intellettuali più autorevoli e ascoltate d’America. La quale non è certo sospettabile di antipatia nei confronti della musica leggera e dello star system, visto che circa vent’anni fa in un saggio rimasto famoso – Sex, Art and American Culture – lodò Madonna come simbolo positivo di provocazione e liberazione femminile.
Piuttosto sorprende un po’ questo razzismo al contrario – sia detto in senso scherzoso – tra reginette del pop bianche e nere, con le prime accusate di conformismo e le seconde promosse sul campo della battaglia femminista. Non sono un esperto del settore, ma non credo di sbagliare se dico che l’impressione comune sulla musica leggera degli ultimi anni sia quella di un prodotto stereotipato e standardizzato, studiato con i criteri del marketing, in cui di artistico non sopravvive più nulla.
E altrettanto, forse, si può dire delle sue interpreti, a prescindere dal colore della pelle e dalle radici multiculturali: ci troviamo di fronte, chi più chi meno, a dei personaggi virtuali, studiati e disegnati dalla case discografiche, senza una reale autonomia di pensiero, le cui vite sembrano programmate persino negli scandali, parola che ormai significa semplicemente pubblicità. Madonna effettivamente era un’altra cosa e la sua esuberanza sessuale e carica iconoclasta – che si può discutere se fossero o meno “femministe” – furono un fenomeno sociale di una qualche rilevanza.
Sicuramente, qualcosa destinato a durare più di uno spot.
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