Vogliamo davvero sapere ciò che fanno i governi per l nostro (supposto) bene?
Il sito WikiLeaks nasce nel 2006 grazie all’opera instancabile di un gruppetto di attivisti-hacker che hanno come obiettivo finale quello della trasparenza dei maggiori governi mondiali.
Per raggiungere tale scopo offrono uno spazio totalmente sicuro, in cui l’anonimato è assoluto, nel quale fonti interni, informatori e altri hacker come loro possono depositare segreti scottanti e notizie insabbiate: dati che sul mercato della geo-politica valgono oro e che WikiLeaks decide di offrire a tutti nel nome di un ideale di giornalismo partecipativo.
La storia di Julian Assange e dei suoi soci è divenuta di dominio pubblico sin dal 2010, anno in cui il sito ha pubblicato terrificanti resoconti provenienti dai partecipanti americani al conflitto in Afghanistan. Il potenziale della piattaforma è divenuto quindi evidente, così come la sua importanza in un mondo in cui, come ha ben dimostrato il caso della NSA, le informazioni costituiscono la merce di scambio più preziosa.
Intorno ad Assange e al suo operato (le cui conseguenze lo hanno costretto all’esilio e alla fuga perpetua) è nato dunque un dibattito che concerne più in generale lo statuto della realtà in cui viviamo: fino a che punto ci si può fidare dei governi, fino a che punto devono essere liberi di fare ciò che vogliono senza rispondere delle loro azioni ai cittadini e sopratutto fino a quando la trasparenza totale può essere considerata un valore da salvaguardare e non invece un ideale pericoloso?
Il quinto potere, film diretto da Bill Condon (regista tuttofare passato da Demoni e Dei ai due Breaking Dawn della saga di Twilight), almeno nelle intenzioni vorrebbe fornire una cronaca bilanciata, per quanto distorta ai fini della drammatizzazione, della nascita del sito e dei conflitti interni nati sopratutto dopo il 2010.
Il film tuttavia è basato principalmente su due fonti. Si tratti dei libri Inside Wikileaks di Daniel Domscheit-Berg (presente nella pellicola quale co-protagonista ed elemento ragionevole rispetto al “fanatico” Assange, interpretato dal sempre più lanciato Benedict Cumberbatch) e Wikileaks di David Leigh e Luke Harding: due volumi sconfessati e molto criticati dallo stesso Assange, quindi ben poco imparziali data la visione molto polemica e ostile nei confronti della storia di uno dei personaggi più influenti e importanti degli anni 2000.



