Grillo, Monti, Berlusconi, Bersani e Ingroia: le pagelle ai leader

Chi vince tra Grillo, Bersani, Berlusconi, Monti e Ingroia? Intanto noi diamo loro i nostri voti su questo inizio di campagna elettorale

Tenuto conto che la campagna elettorale è già iniziata a tutti gli effetti e che sembrano ormai palesi le forze e gli uomini in campo, proviamo a stilare un primo giudizio sulla comunicazione politica dei cinque principali candidati a Palazzo Chigi. Insomma, ci mettiamo a dare le pagelle di fine anno ai leader.

Vediamo come se la sono cavata.

Pierluigi Bersani: 6 – Nella trasmissione satirica di Sky, quella con i pupazzi, lo rappresentano in bianco e nero, e in effetti il segretario del Pd non stupisce con gli effetti speciali e non dispone di un carisma da trascinatore di folle. Ma è uno che si fa capire e parla come mangia, in questo aiutato dalle ormai proverbiali metafore popolane (anche se, come ha puntualizzato Umberto Eco, è più giusto parlare di esempi paradossali).

In questo può contare sull’aiuto di Maurizio Crozza, con il quale ormai si scambia le trovate più divertenti. Insomma, è un romagnolo doc: ama comunicare più con i fatti che con le parole e le primarie sono state senza subbio anche un grande successo di immagine.

Silvio Berlusconi: 5 – In questi ultimi vent’anni ci siamo sorbiti fino alla nausea, da una stampa e una televisione controllata dalla servitù di Arcore, la leggenda sull’irresistibile carisma dell’Unto del Signore, sul suo fascino magnetico, sulla sua impareggiabile sapienza comunicativa, sull’incredibile capacità di drenare consensi e di ribaltare esiti già scritti.

La verità è che Berlusconi, tutte le volte che è sceso in campo, ha partecipato a una gara truccata e ha sfacciatamente sfruttato il doping del conflitto d’interessi. Insomma, con sei televisioni e quasi tutta la stampa dalla propria parte, ho il sospetto che anche il mio cane avrebbe vinto almeno tre elezioni.

Mario Monti: 6 – Nonostante il suo governo abbia massacrato gli italiani di tagli e tasse, spesso rivelando anche una scarsa competenza tecnica (vedi il caso esodati), una consistente fetta di italiani dichiara di avere fiducia nell’attuale premier, ora candidato al bis dai centristi.

L’uomo non è un grande comunicatore, ma ha stile e un impeccabile tono da statista, e il fatto di apparire come una sorta di medico severo pronto a imporre le cure più drastiche in caso di necessità, senza lasciarsi impietosire dal paziente, gli fa guadagnare rispetto e prestigio. Di lui si potrebbe dire quello che John Maynard Keynes scrisse su David Ricardo, il padre dei liberisti di ieri, oggi e domani: “Il fatto che il suo insegnamento, tradotto in pratica, fosse austero e spesso sgradevole, gli conferiva autorevolezza”.

Beppe Grillo: 5,5 – Certo è stato bravissimo a cavalcare l’onda dell’antipolitica e a pescare nella rabbia e nella frustrazione degli italiani invischiati in una crisi durissima, ma quel modo urlato di fare politica, la commistione tra comizio e spettacolo, gli insulti e le parolacce agli avversari interni ed esterni, non sembrano capaci di fare presa oltre un certo numero di elettori. Soprattutto, visto il ventennio da quale veniamo, sanno innegabilmente di vecchio. E anche la scelta di disertare la televisione, che prima lo seguiva in ogni sua uscita e adesso comincia a snobbarlo  un po’, non sembrerebbe tra le più lungimiranti.

Antonio Ingroia: 4,5 – Nelle sue prime uscite il presunto (ora pare certo, chissà) candidato premier del presunto Movimento arancione è apparso, più che un magistrato capopopolo pronto a far sognare la sinistra radicale e giustizialista, un democristiano della Prima Repubblica con una comunicazione tutta condita da se e ma, da subordinate e ipotetiche. C’è poi il problema che a parte i lettori del Fatto quotidiano, la maggior parte degli italiani hanno un’idea molto vaga di chi sia e cosa voglia. Senza contare che presentarsi come il nuovo con Di Pietro, Diliberto, Ferrero e Bonelli appare durissima.

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Scritto da Style24.it Unit
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