Giornata di grandi nomi al Festival di Cannes: Italia e Oriente i protagonisti, ma spunta anche l’America di Soderbergh
Come abbiamo visto, ieri a Cannes è stata senza ombra di dubbio alcuno la giornata di Paolo Sorrentino, unico italiano in concorso ufficiale che ha presentato la sua ultima opera La grande bellezza.
Ancora una volta nel cast l’attore feticcio Toni Servillo, accompagnato da un inedito Carlo Verdone e da un’inaspettata Sabrina Ferilli.
Il film, una sorta di Dolce vita aggiornata alla decadenza attuale di Roma e dell’Italia post-berlusconiana tutta, sorta di malinconica discesa negli inferi della vita senza speranza di una miriade di comete e meteore dei salotti buoni della capitale, ha diviso nettamente la critica: i francesi non sembrano averlo apprezzato troppo, a partire dal pregiudizio dei Cahiers du cinéma che avevano chiamato Sorrentino “un invitato invadente”, ma buona parte della stampa ha lodato l’ennesima prova virtuosistica del regista, uno dei pochi autori in grado di far rivivere la stagione d’oro del cinema italiano.
Un’atmosfera nostrana si è respirata anche alla proiezione di Un castello in Italia di Valeria Bruni Tedeschi, unica donna nella categoria principale, compatriota naturalizzata francese (e d’oltralpe è la produzione della pellicola). Si tratta dell’ennesima storia semi-autobiografica per lei, in cui si racconta dell’amore fra la protagonista-regista e il giovane Louis Garrel, proprio in un momento di crisi per la famiglia: il fratello Filippo Timi ha scoperto di essere malato di Aids, mentre la madre deve vendere la magione sita a Castagneto Po, effettivamente un tempo appartenuta ai Bruni Tedeschi.
I critici del Belpaese hanno manifestato tedio e irritazione, ma al contrario i francesi sembrano essere andati in solluchero. Ennesimo scontro tra cugini cinematografici, dunque.
Altra pellicola controversa, questa volta orientale, è stata Shield of Straw del cane sciolto giapponese Takashi Miike, il quale ha dichiarato di aver voluto girare un action movie per riportare in vita una tradizione che in patria sembra essere andata perduta. La pellicola, fischiata in sala ma rivalutata come un’esperienza vitale da una nicchia di fedelissimi, parla della fuga attraverso il Giappone di un gruppo di poliziotti che devono portare in salvo un pedofilo assassino sul quale è stata posta una taglia smisurata.
Sul loro cammino una nazione intera che, bramosa di sangue e denaro, mira a farsi giustizia da sola. Una riflessione etica messa in scena senza troppe sottigliezze, ma col piglio deciso e fluido che da sempre contraddistingue il prolifico cineasta.
Proiezione di mezzanotte invece per Johnnie To che ha presentato il suo Blind Detective, una commedia che ha le sfumature del poliziesco (genere prediletto del genio di Hong Kong) al cui centro c’è l’amicizia-collaborazione tra un detective cieco e una poliziotta dal cuore tenero.
Behind the Candelabra è, o potrebbe essere, l’ultimo film di Steven Soderbergh (attualmente ancora nelle sale con il piatto Effetti collaterali). La sorpresa del film proiettato oggi sta nel fatto che un’opera in concorso a Cannes è in realtà destinata al mezzo televisivo, essendo stata prodotta dalla rete statunitense HBO: si tratta della biografia di Valentino Liberace (Michael Douglas), il celebre pianista italo-polacco che tra gli anni 50 e 70 divenne uno degli intrattenitori più pagati al mondo. Omosessuale mai dichiarato, il film si concentra sopratutto sul rapporto sentimentale che lo legò al compagno Scott Thorson (Matt Damon). Applausi alla fine della proiezione, ma non si sa se per la fine della carriera di Soderbergh o per l’effettivo valore del film…



