Obama, la marea nera e la supercazzola mediatica

L'altro giorno stavo osservando la CNN, la BBC ed i canali nostrani mentre raccontavano l'ormai tristemente noto disastro ecologico che ha colpito il Golfo del Messico. Dopo alcuni minuti di ascolto, ho iniziato a fare attenzione alle parole utilizzate dai media, perchè ho notato una curiosa concentrazione di terminologia technobabble.

Per technobabble s'intende quello strambo modo di esprimersi traboccante di pomposi termini tecnici, neologismi dell'ultim'ora, abbreviazioni, anglicismi e chi più ne ha, più ne metta, spesso usato per confondere le idee all'ascoltatore. Pubblicitari e tizi del marketing ne fanno largo uso, riempiendo i loro discorsi di parole non necessarie come mission, indoor/outdoor, imput, target, coaching, brainstorming e mille altre amenità allo scopo di darsi importanza e non far capire che ciò di cui parlano, il più delle volte, è assolutamente banale.

Tra un Obama poco sorridente ed un'immagine satellitare del golfo messicano, ecco dunque spuntare nomi altisonanti come Deepwater Horizon, Top Kill e Blowout Preventer, oltre a supervalvole, grandi tappi e siringone sottomarine.

L'ultima american-idea per salvare il mare è denominata Lower Marine Riser Package (L. M. R. P.).
Nel caso fallisse anche questa, suppongo tenteranno la Turning Jester DJ Francesc Block (T. J. DJF. B.).
Poi sarà la volta dell'ultrasofisticata Upper Dining Chawaboonga Bric-à-bràc (U.D.C.B).
Oppure dell' Invisible Device Injecting Oceanic Trash (I.D.I.O.T).

Praticamente, pur di non far comprendere la portata del danno, stanno facendo la supercazzola al pianeta.

Non sarebbe meglio cercare di salvare quel po' d'ecosistema che rimane, e magari perdere meno tempo dando nomi fighi a procedure che tra l'altro non funzionano?

Scritto da Style24.it Unit

Lascia un commento

Contentsads.com