Chi è più demente tra me e Giuliano Ferrara?

Capisco che la domanda può non sembrare delle più interessanti, ma mi sono sentito direttamente chiamato in causa dall'editoriale di ieri dell'elefantino e voglio in qualche modo rispondere e provare a fare chiarezza, innanzitutto per me stesso.

Giuliano Ferrara infatti si rivolge a un non meglio precisato "Giornalista Collettivo", che pare di capire sia il solito rompiscatole di sinistra che grida alla censura televisiva e al regime berlusconiano (chi frequenta questo blog converrà con me che nella categoria posso rientrare a pieno diritto).

Secondo il direttore del Foglio, che segue un ragionamento non proprio originalissimo, le conferme per la prossima stagione di Santoro, Dandini, Fazio e Floris sradicherebbero alla radice le nostre tesi – di noi giornalisti e blogger collettivi – e imporrebbero di riconoscere nel dg della Rai Mauro Masi addirittura un "cavaliere senza macchia impegnato nella missione di garantire la più assoluta impermeabilità dei palinsesti alle lusinghe eventuali del potere".

Per colui il quale dovesse rifiutarsi di riconoscere questo stato di cose, questo squilibrio evidente dell'informazione televisiva per il collettivismo e il bolscevismo, la diagnosi del medico del Foglio è inappellabile: chiara e incontrovertibile demenza.

Oibò, mi tocca preoccuparmi? Sarò stato un idiota ad aver scritto per mesi che la televisione generalista si è da tempo trasformata in una poderosa e magnifica agenzia di propaganda governativa, dove tutte le voci critiche sono marginalizzate e osteggiate? Tra l'altro non potrei neppure accampare la scusa della malafede: quel poco che guadagno lo devo ai generosi ingressi dei miei lettori, per il resto non sono stipendiato da De Benedetti e non ho neppure la tessera del Pd. Insomma, imbecille senza speranza?

Ci penso un po' e poi mi convinco che i conti non tornano. Per esempio, mi sovvengono alla memoria quei dati che dimostrano che circa il 70% degli italiani si informa quasi esclusivamente seguendo i telegiornali (non Santoro e la Dandini) e mi viene in mente che tutti i tg di Raiset – escluso il modesto e inoffensivo Tg3 – sono saldamente in mano ad amici di Giuliano Ferrara e del Cavaliere, da Minzolini a Mimun, che da soli informano metà Paese.

Ma a parte i numeri, forse un po' indigesti a un filosofo e teologo come Ferrara, il discorso da fare è molto più generale, e riguarda il mainstream culturale del piccolo schermo, la filosofia di fondo e i valori che la programmazione (non solo quella giornalistica, fondamentalmente marginale nell'offerta televisiva) veicola 24 ore su 24, con pochissime eccezioni.

Quando Ferrara commentò Il Caimano, il film di Nanni Moretti, ammise che il Regista Collettivo ci aveva preso nel descrivere un'Italia completamente conquistata e devota al berlusconismo, tanto da mettersi a lanciare le pietre contro i giudici responsabili di una (immaginaria) condanna al Cavaliere. Una mano armata – solo nel film fortunatamente – da trent'anni di programmazione di show, intrattenimento, infotainment e informazione tutti improntati ai valori del verbo unico berlusconiano.

È questo che più dei telegiornali schierati ha fatto la grande fortuna di Silvio I e che nessun Santoro e nessuna Dandini, che pure il fido Masi ha provato ad affossare fino all'ultimo, potranno mai contrastare. Sono Buona Domenica, Barbara D'Urso, il Grande fratello, Maria De Filippi, reality, talent, fiction e quant'altro propone il frullatore televisivo, dispensatore dell'unica cultura veramente di massa del nuovo millennio, a rendere la nostra tivù bulgara, anzi meglio: orwelliana.

Ora mi sorge un dubbio: che il demente sia Ferrara a non capire tutto questo? No, non potrei mai pensarlo, e lo dico senza ironia. E allora? Beh, forse l'espressione "disonestà intellettuale" qualcosa potrebbe aiutarci a capire.

Scritto da Style24.it Unit

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