Tutti i giornalisti firmano contro la legge bavaglio tranne Minzolini e quelli di Mediaset: la tv si imbavaglia da sola

Se la legge sulle intercettazioni – che in realtà non solo di intercettazioni si occupa ma anche della libertà degli editori e dei giornalisti di informare – dovesse essere approvata senza modifiche sostanziali, sarebbe davvero difficile non parlare di regime. In che altro modo si potrebbe definire uno stato che punisce con sanzioni economiche pesantissime e il carcere chi si azzarda a pubblicare notizie sulle indagini delle procure e delle forze dell'ordine?

Insomma i paragoni con la Birmania non sarebbero più fatti a sproposito, come spiega molto bene sul suo blog Alessandro Gilioli. E infatti una mobilitazione molto forte della stampa e degli editori – con l'ovvia esclusione di Mondadori ed Einaudi – che fanno capo al signore di Arcore, dell'opposizione, degli intellettuali e della società civile (senza dimenticare le perplessità espresse dal governo americano) sembrano avere convinto la maggioranza di destra a più miti consigli e alla decisione di giungere a una qualche forma di compromesso. Staremo a vedere.

Ieri intanto è stato raggiunto un risultato straordinario e davvero inedito nel panorama del sistema mediatico italiano: i direttori delle principali testate italiane, di destra e di sinistra, nazionali e regionali, hanno sottoscritto un unico documento – sotto l'ombrello della Federazione della stampa – in cui condannano all'unisono il disegno di legge pro Birmania, con parole che non lasciano spazio a equivoci: "Fermiamo questa legge. La democrazia e l'informazione in Italia non tollerano il bavaglio".

A sottoscrivere l'appello i grandi quotidiani (Corriere della Sera, Repubblica, Stampa e Sole 24 Ore) e anche parte della stampa di destra, da Vittorio Feltri (Il Giornale) a Mario Sechi (Il Tempo), a Flavia Perina (Il Secolo). Ci sono anche testate televisive come il Tg2, il Tg3 e Sky, ma se la carta stampata è riuscita a compattarsi quasi senza defezioni sul piccolo schermo la storia cambia. Infatti le assenze del Tg1, di Mediaset e persino di La 7 non possono passare inosservate, e sono l'ennesima dimostrazione dello stato di sconfortante asservimento in cui versa l'informazione del tubo catodico.

Nei paesi liberi, quando il potere politico cerca di limitare anche solo minimamente il potere della stampa, i media reagiscono come una corporazione, dimenticandosi immediatamente qualsiasi distinzione di colore politico, e attaccano a testa bassa. Del resto succederebbe lo stesso in qualunque altra categoria: se ai chirurghi vietassero di adoperare il bisturi credete che si troverebbe un solo medico disposto a stare zitto? Ecco, in questa occasione verrebbe da chiedersi come mai i vari Minzolini, Mimun e compagnia servente, privati del loro bisturi, non siano stati capaci di pronunciare almeno qualche parola di dubbio e perplessità. Verrebbe da chiederselo, ma la risposta la conosciamo tutti.

(Nella foto: Vittorio Feltri, anche lui contro il disegno di legge sulle intercettazioni).

Scritto da Style24.it Unit
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