Sanremo, la truffa del televoto rovina il festival: trionfa Valerio Scanu e sfiora la vittoria il trio dei ruffiani

È andata com'era ampiamente prevedibile, ameno per i più pessimisti: sul podio di Sanremo sono saliti i personaggi più televisivi, quelli meglio noti allo sterminato pubblico degli show del piccolo schermo: Valerio Scanu e Marco Mengoni, provenienti dal mondo dei talent, e il trio dei ruffiani composto da Pupo, un presentatore tv, Emanuele Filiberto, un aspirante presentatore tv, e un tenore che non si è filato nessuno.

Insomma a leggere la classifica verrebbe da pensare che gli italiani non sono capaci neppure di votare per le canzonette: certo Scanu è bravo, ma ha proposto un pezzo che appare antiquato persino rispetto a "Grazie dei fiori" di Nilla Pizzi; e la canzone dei ruffiani è quanto di più brutto e involontariamente comico si sia mai ascoltato all'Ariston. Per non parlare della bocciatura, che grida vendetta, di artisti come Malika Ayane, Irene Grandi o Cristicchi.

Però il discorso non è così semplice perché occorre ribadire, come ho già avuto modo di fare (per esempio qui), che il meccanismo del televoto presenta la stessa affidabilità di un sorteggio o di un lancio di dadi: i suoi risultati non riescono certo a rappresentare le preferenze degli italiani, ma nemmeno quelle del pubblico da casa e neppure quelle dei votanti stessi, visto che non viene fatto rispettare l'elementare principio che vuole che ad ogni testa corrisponda un solo voto.

D'altra parte quelle centinaia di migliaia di voti qualcuno li ha mandati. Chi? Beh, a naso il pubblico di teledipendenti, cresciuti a pane e Maria De Filippi, abituato a televotare pure per decidere dove andare a fare la spesa. Ovvero le sedicenni in piena tempesta sentimental-ormonale che si innamorano ieri di Marco Carta, oggi di Scanu e domani di chissà chi, le mamme e le nonne di queste ultime che, mutatis mutandis, si perdono negli occhioni azzurri di quel principe che parla tanto bene del suo Paese e i ragazzini che capiscono di musica quanto io di storia delle tradizioni bergamasche.

Poi, per carità, nessun dramma: tra l'altro il passato insegna che le migliori canzoni, quelle che hanno fatto la storia della musica leggera, o non sono passate per il palco dell'Ariston o, se ci sono passate, sono state quasi sempre ignorate e bocciate. Insomma niente di nuovo sotto il sole, solo che se si vuole fare di Sanremo la vetrina internazionale della musica italiana converrà affidarsi a un meccanismo un po' più serio dei voti via sms.

Per ora ci basti sapere, per consolarci, che l'Italia del televoto, del trash nazional-popolare e dell'appiattimento di ogni eccellenza alla mediocrità televisiva, non rappresenta l'Italia tout court. Che ieri, almeno in parte, fischiava insieme a orchestrali e loggionisti di fronte alla dittatura del cattivo gusto imposta per televoto.

Scritto da Style24.it Unit

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