Ruby, Noemi e le altre ragazze di Berlusconi: la morale della corte e quella per il popolino

Sulla storia di Ruby (alias Karima Keyek), diciassettenne di origini marocchine che sostiene di avere ricevuto diverse migliaia di euro per aver partecipato a dei festini nella residenza privata del presidente Berlusconi, bisogna andarci cauti: la procura di Milano sta verificando con attenzione il racconto della ragazza, che potrebbe non contenere risvolti penali e dal quale potrebbe addirittura emergere un tentativo di ricatto al premier, dunque più vittima che carnefice.

Ma a noi qua interessa più l’aspetto politico e sociologico della vicenda, sulle notizie di reato indagherà com’è doveroso la magistratura. E allora possiamo dire che le confessioni di Ruby, insieme a quanto già emerso con gli scandali nati attorno alle figure di Noemi Letizia e Patrizia D’Addario, ci consentono di abbozzare un quadro piuttosto preciso della vita privata del premier, e di dare un significato nuovo alle accuse della ex moglie Veronica Lario che parlava di “ciarpame senza pudore” e di “vergini che si offrono al drago”.

Emerge l’immagine di un re postmoderno che si circonda di fedeli servitori e di bellissime ragazze, che si diverte nell’organizzare cene sontuose, fastosi ricevimenti, spettacoli e intrattenimenti a base di musica e danza e riti sessuali senza tabù, nei quali però sembra esserci poco di libertario e liberatorio e molto del solito triste mercimonio di corpi, dove l’escort intasca mille euro a notte o la ragazzetta si concede nella speranza di un ruolo nello show biz o magari di una candidatura in politica.

Di tutto questo ancora una volta potremmo evitare di occuparci: laddove non si riscontrano dei reati ciò che succede in casa altrui non ci deve riguardare e ognuno, nella propria intimità domestica, dovrebbe essere esentato dal giudizio altrui. Ovviamente però, quando si parla del presidente del Consiglio, le cose cambiano, non solo perché è giusto verificare che il premier non sia ricattabile ma anche e soprattutto perché, in un paese moderno e democratico, un elettorato maturo e consapevole dovrebbe pretendere coerenza tra i valori professati in pubblico e i comportamenti praticati nella vita privata.

Invece qua in Italia sembriamo fermi al ‘500, alla doppia morale sessuale (e non solo sessuale) che segnava l’incolmabile distanza che divideva il mondo della corte e dell’aristocrazia dal resto della società. Il primo del tutto impermeabile alla morale sessuale dettata dalla religione, in cui “cortigiana” aveva lo stesso significato dell’odierno termine “escort” e il principe passava con estrema facilità da una donna all’altra, e il secondo rigidamente controllato dalla visione sessuofobica e monogamica della Chiesa cattolica, che rispetto ai vizi dei potenti riusciva invece, senza nessun disagio, a chiudere entrambi gli occhi.

Scrive Maurice Daumas nel suo bellissimo saggio sulla storia della sessualità maschile tra medioevo e modernità: “Le leggi morali sono forgiate per la gente comune; al vertice della scala sociale le si osserva solo apparentemente”; parole che sembrano capaci di descrivere perfettamente anche l’Italia di oggi, e non solo quella rinascimentale.  E ancora: “… a corte non ci sarebbero meretrici dato che, secondo certe dame, tali sono coloro che si concedono ai miseri, non coloro che si danno ai grandi Re e a galanti gentiluomini”.

Vengono in mente alcune berlusconiane che si atteggiano a novelle femministe, guardiane impavide della dignità delle donne, o la ministra Mara Carfagna che, con un passato di sculettamenti televisivi e calendari  hot, ebbe a dire di provare “orrore per chi vende il proprio corpo”. Il tutto, chiaramente, mentre presentava un disegno di legge contro la prostituzione al fianco di Silvio Berlusconi.

(Nella foto: la villa di Arcore).

Scritto da Style24.it Unit

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