Adriano Celentano torna con Rock economy, mix di canzoni (molte) e sermoni (pochi), che sui giornali tutti criticano. Ma la formula si è rivelata sempre vincente
Leggevo qua e là, tra giornali e web, resoconti e commenti al concerto show di Adriano Celentano, Rock economy, andato in onda ieri su Canale 5. E mi veniva in mente che i critici col molleggiato nazionale vanno un po’ col pilota automatico: bene, bravo, bis come autore e interprete (la scoperta dell’acqua calda) e noioso e superficiale come predicatore.
Sarà, ma la formula Celentano funziona e con il suo mix di canzoni, silenzi e sermoni ha firmato alcune delle pagine più seguite, discusse e amate della storia della televisione. D’altra parte, diciamolo chiaramente, se si limitasse a cantare per la centesima volta Il ragazzo della via Gluck, Svalutation o Pregherò, sui giornali non se lo filerebbe nessuno.
Poi chiaro che quando – come ieri – si mette a parlare di Jeremy Rifkin e Serge Latouche non può improvvisare una conferenza o una lezione universitaria. Ma che a milioni di persone, che probabilmente non ne hanno mai sentito parlare, arrivino per la prima volta all’orecchio idee come quelle della decrescita e di un’economia più umana, non mi pare un cattivo servizio. Visto che nei cosiddetti spazi di approfondimento televisivo son tutti occupati a parlare di Fiorito o di spread.
Poi certo, i tempi di Rockpolitik, in cui l’Italia si fermava per guardare il molleggiato, quando i principali giornali nazionali dedicavano le prime sei pagine delle loro edizioni allo show, perché in pieno berlusconismo qualcuno si era permesso di disturbare il manovratore (pensa come eravamo messi), sembrano decisamente alle spalle. Adesso Celentano fa semplicemente uno spettacolo di musica (come sempre straordinaria e interpretata da par suo) e di parole (piacciano o no), non detta più l’agenda politica al Paese. Anche questo, se volete, è un piccolo segno di ritorno alla normalità.
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