Recensione in anteprima di Immaturi: Ambra Angiolini e Raoul Bova sotto esame

Avvertenza per l’incauto lettore: la seguente recensione cerca di essere oggettiva, imparziale, ma su un elemento – molto facile da riconoscere – proprio non ce l’ho fatta, è più forte di me.

Il cinema italiano, soprattutto sul versante della commedia, ha recentemente scoperto la strada della nostalgia. Essendo i protagonisti principali delle pellicole italiane dei trentenni sulla via degli “anta”, lo sguardo rivolto indietro verso la giovinezza non sembra affatto una mossa così assurda: in questo modo si recupera la freschezza dell’adolescenza e la si unisce a tutte le problematiche correlate all’età adulta.

La Notte prima degli esami di Fausto Brizzi, che ebbe il merito (?) di lanciare la giovane star Vaporidis, riprendeva questo concetto e lo univa al confronto generazionale di padri e figli, inserendolo negli anni 80. Stessa cosa accadeva nel buon La prima cosa bella di Virzì, ambientato invece negli anni 70, con esiti melodrammatici e strappalacrime per diverse tipologie di pubblico.

Immaturi, film che recensiamo in anteprima, e che uscirà nelle sale italiane il 21 gennaio, prende  proprio di petto il discorso nostalgia: un gruppo di compagni del liceo si ritrova dopo vent’anni, ormai piuttosto cresciuti, a dover rifare l’esame di maturità – intesa in svariati sensi – a causa di un vizio di procedura. È quindi l’occasione per riprendere i contatti con i vecchi amici, fare dei bilanci sulla propria situazione emotivo-sentimentale-lavorativa-di tutto un po’ e chiarire certi punti oscuri del proprio passato.

Il cast scelto da Paolo Genovese, veterano del genere (suo per esempio il quasi contemporaneo La banda dei Babbi Natale), è in grado di richiamare un’ampia platea: si va da Raoul Bova ad Ambra Angiolini, da Barbara Bobulova a Ricky Memphis, da Luca & Paolo (qui finalmente separati, ognuno per conto proprio) a Giulia Michelini, da Luisa Ranieri ad Anita Caprioli.

Il tono del film è quello della commedia sentimentale, non troppo focalizzato sulle situazioni comiche ma neanche troppo sui problemi dei personaggi (“drammi” mi sembra eccessivo): una tendenza media, che da una parte permette lo svilupparsi di una trama, dall’altra non è che strappi queste grandi risate. Gli unici momenti davvero esilaranti sono affidati allo strepitoso Ricky Memphis, un attore che meriterebbe più visibilità, prototipo di una certa romanità schietta, sincera, lievemente rassegnata ma in fondo in fondo ottimista. Per tutto il resto del film si passa invece dal sorriso leggermente divertito all’imbarazzo per alcune sequenze: ad esempio si vedano le mattinate Mulino Bianco style di Raoul Bova e compagna, oppure certi scambi tra la figlia e la Bobulova.

Protagonista e voce narrante del film, vizio ormai ineliminabile del nostro cinema, Raoul Bova incarna bene i problemi e le caratteristiche della pellicola: non è un pessimo attore – ce ne sono sicuramente di peggio – non è volgare, ha una faccia pulita, rassicurante, ma non coinvolge mai davvero, non azzecca quasi mai un tempo comico e sopratutto è impacciato nel suo garbo da uomo medio. Il film segue così la sua scia ideale: si lascia guardare, le vicende sono sufficientemente sviluppate in modo da attirare lo spettatore, ma alla fin fine sono lasciate a metà, mai veramente approfondite per non tediare il pubblico. Peculiare anche tutta la questione della nostalgia: è vero, un po’ ci si affeziona ai personaggi e ai loro trascorsi, ma la loro amicizia non viene mai fatta realmente vivere sullo schermo; è come se il film ci costringesse a prendere come partito preso questo dato, di modo che le dinamiche del gruppo possano essere messe in moto.

Tutto ciò però passa in secondo piano negli ultimi dieci-quindici minuti del film, quando entra in scena il personaggio di Anita Caprioli. È come se una luce diversa illuminasse il set, come se tutto divenisse leggiadro, dolce, irrealmente bello, elegante, come se il tempo rallentasse per seguire il suo respiro: la sua presenza rischiara ogni cosa, ogni battuta acquista un significato nuovo e più elevato.

Ora, io non dico che vale la pena andare a vedere il film solo per lei, ma vedete un po’ voi…

Concludendo più seriamente questa recensione, tiriamo le somme: Immaturi è un film piuttosto altalenante che a momenti divertenti affianca altri molto meno riusciti, a volte sul filo dello stereotipo irritante; i personaggi, a parte un paio, fanno simpatia, così come è piuttosto accattivante la storia generale; una maggiore coesione nella struttura avrebbe forse garantito uno sviluppo più organico delle vicende, che sopratutto nella prima parte sono relegate a siparietti un po’ insipidi.

In definitiva una buona alternativa alla comicità volgare di questi tempi e un prodotto che nella sua “medietà” testimonia di uno stato di salute un po’ ambiguo del cinema italiano, sospeso tra rispetto della tradizione e scarsa voglia di osare.

Scritto da Style24.it Unit

Lascia un commento

Leggi anche
Contentsads.com