Peter O’Toole morto Lawrence d’Arabia nomination agli Oscar

A 81 anni scompare uno degli attori più signorili della storia della settima arte.

Era ammalato da lungo tempo, ma solo nell’estate dell’anno scorso aveva deciso di abbandonare le scene da lui tanto amate. Peter O’Toole si è spento ieri sera al Wellington Hospital di Londra a 81 anni.

Una carriera fatta di ruoli ben selezionati la sua, costellata di numerosi successi ma celebrata quasi a malincuore dall’establishment hollywoodiano, che dopo 8 nomination agli Oscar (mai concretizzatesi in vittoria definitiva) decise solo nel 2003 di conferirgli il premio onorario alla carriera.

O’Toole nasce il 2 agosto del 1932 da una famiglia irlandese, cresce a Leeds in Gran Bretagna, e sin dalla prima adolescenza ha chiaro quello che avrebbe voluto essere nella vita, un attore. Liquidato il servizio di leva si iscrive alla Royal Academy of Dramatic Art, dove segue il cursus honorum britannico della professione, divenendo stimato interprete shakespeariano.

Il debutto non sul palco avviene come da tradizione grazie a una serie di telefilm e pellicole per la televisione sul finire degli anni ’50: al cinema la prima parte gli viene data in un film della Disney firmato da Robert Stevenson, Kidnapped.

L’attore in realtà deve aspettare ben poco per trovare il ruolo che lo renderà immortale. Nel 1962 David Lean lo chiama in Lawrence d’Arabia per vestire i panni del protagonista eponimo: il gentleman dagli occhi azzurri sfoggia una prestazione memorabile, che viene ricordata in tutte le classifiche delle migliori prove attoriali di tutti i tempi.

Altri ruoli in costume, e sempre di un certo prestigio, sono quelli in Becket e il suo re e Lord Jim, rispettivamente di Peter Glenville e Richard Brooks. Si dimostra anche ottimo comico surreale nello svitato Ciao Pussycat di Clive Donner (con sceneggiatura di Woody Allen), nonché in Come rubare un milione di dollari e vivere felici di William Wyler, in cui affianca la meravigliosa Audrey Hepburn. Piccola parte di rilievo poi in La Bibbia di John Huston del 1966.

L’anno successivo c’è spazio per un premio tutto italiano, un David di Donatello, grazie a La notte dei generali; altro trofeo è il Golden Globe del ’68 guadagnato con Il leone d’inverno.

Da ricordare, poi, il ritratto di un professore innamorato in Goodbye Mr. Chips, ma il suo ruolo più sfolgorante è quello Jack Arnold Alexander Tancred Gurney nel capolavoro del cinema britannico La classe dirigente.

O’Toole partecipa anche a una delle produzioni più sfortunate della storia, quel Caligula, firmato tra gli altri da Tinto Brass, dove indossa i panni dell’imperatore Tiberio. Più defilata la sua carriera degli anni successivi, ma risalta L’ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci, il ruolo di Priamo nel kolossal americano Troy e il meraviglioso lavoro al doppiaggio nel cartone animato Ratotuille, dove presta la voce al critico culinario Anton Ego.

Se ne va così, in punta di piedi, uno degli attori più signorili della storia della settima arte. 

Foto: Getty Images

Scritto da Style24.it Unit

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