L'altro giorno mi trovavo con un amico all'interno di un gigantesco Toys Center per scegliere un regalo per la figlia di un'amica comune, la piccola Mahya. Il reparto dei giochi per le bimbe in realtà sembrava l'area elettrodomestici e cura della casa di un centro commerciale: forni, cucine, ferri e assi da stiro, carrelli per le pulizie con tanto di scope e stracci, lucidatrici e aspirapolvere funzionanti, come reca orgogliosa la scritta sulle confezioni.
Insomma, siamo nel 2010 ma a quanto pare le bambine vengono ancora socializzate attraverso i giochi al ruolo di mamma, cuoca e pulisci pavimenti. Poi però, per fortuna, arriva il progresso: dopo i dieci anni, abbandonati i giochi dell'infanzia, le piccole possono emanciparsi assorbendo gli edificanti esempi televisivi, che ritraggono le donne come oggetti ornamentali impegnati nella raffinata arte di mostrare il culo affianco a dei presentatori maschi incravattati.
Ai bambini, bisogna riconoscerlo, continua ad andare molto meglio. Non solo da piccoli possono sbizzarrirsi tra macchinine, gru, robot e astronavi, ma poi, una volta cresciuti, sono soggetti a influenze meno distruttive.
In effetti sono anni che si critica il modello del calciatore e della velina, proposto dalla televisione come fulgido esempio di successo e di realizzazione personale per ragazzi e ragazze. Ma non ci si è mai soffermati abbastanza nel fare le debite distinzioni tra quello che è il ruolo di un campione sportivo e quello, molto più povero, di una qualunque soubrette del piccolo schermo.
Per riuscire nello sport ci vuole fatica, impegno, passione, perseveranza e soprattutto non si può bluffare: nessuna raccomandazione ti potrà mai far giocare nella Juventus se sei una pippa. Certo i media spesso tendono a mettere in evidenza gli aspetti più materiali legati al successo calcistico, ma avere come sogno quello di sfondare in un gioco che appassiona milioni di persone, che richiede sacrifici ed entusiasmo, che diverte e fa divertire, non mi pare così negativo.
Di sicuro non lo è quanto il ben più misero e modesto sogno – e già la parola stona terribilmente – di diventare velina. Perché qua il modello proposto è tutto incentrato sull'apparenza, sulla gradevolezza estetica e la subalternità all'altro sesso. Educate al culto della bellezza in formato televisivo, le ragazzine d'oggi sono portate necessariamente a pensare che per avere successo serva solo un bel corpo – magari da ritoccare con la chirurgia estetica – e una buona dose di disinibizione e cinismo. Perché se nessun compromesso ti potrà mai far diventare un campione di calcio, è risaputo che frequentare i giusti letti può invece risultare utilissimo per conquistare la particina giusta nello show business.
In questi giorni, su Eurosport, va in onda lo spettacolo dei campionati australiani di tennis. I migliori giocatori del mondo si sfidano in una bellissima e civile cornice di pubblico. Tra di loro ci sono anche le ragazze, seguite e pagate quanto i loro colleghi maschi. Sono belle, sexy, ricche e si sono impegnate, con passione e sacrifici, per riuscire in un gioco che appassiona da anni mezzo mondo. Ecco, se alla tivù vedessimo meno spettacolini dementi e finti telegiornali satirici, se ci fosse più Maria Sharapova (o la nostra Flavia Pennetta) e meno Belen Rodriguez, non sarebbe male per le nostre figlie. E ovviamente altrettanto dicasi per il basket, la pallavolo e tutti gli altri sport. Calcio femminile compreso, perché no?
(In alto a sinistra: Flavia Pennetta nelle insolite vesti di modella. A destra: Maria Sharapova impegnata sul campo da tennis).