In una democrazia liberale i mass media rappresentano un indispensabile potere di controllo sull'opera del governo e del parlamento. Dal loro grado di indipendenza e pluralismo dipende la qualità stessa del sistema democratico, tanto che la stampa viene ormai unanimemente considerata come il"quarto potere", uno organo di vigilanza con compiti diversi ma niente affatto meno importanti di quelli della magistratura.
In Italia succede invece che il parlamento, la Commissione di vigilanza sulla Rai, vari un regolamento – di par condicio bulgara, come l'abbiamo definito recentemente – che limita fortemente l'autonomia dell'informazione televisiva. Succede poi che questo regolamento venga interpretato, dai vertici della televisione di stato nominati dal governo, nel modo più rigido e restrittivo possibile, tanto da decidere la cancellazione di quattro trasmissioni di informazione politica per il periodo della campagna elettorale: Porta a porta, Annozero, L'ultima parola, Ballarò.
Dunque, ricapitolando: nei paesi liberi i giornalisti controllano la politica, sono i cani da guardi degli interessi dei cittadini ed esercitano una continua vigilanza sulle scelte del governo e del parlamento. In Italia invece la politica emana regolamenti che cancellano delle libere trasmissioni d'informazione, lasciando a telegiornali iper-lottizzati e diretti da giornalisti compiacenti il compito di gestire tutta la comunicazione politica sul piccolo schermo (a parte le inutili tribune elettorali che non vedrà nessuno). È così tanto diverso da quando il fascismo chiudeva i giornali?
(Nella foto: Michele Santoro, la sua trasmissione non andrà in onda per tutto il mese di marzo).