Oldboy trailer trama recensione remake Spike Lee

“Non chiedere perché sei stato imprigionato. Chiedi perché sei stato liberato.”Al regista americano poniamo noi una domanda, “Perché un remake di Oldboy?!”, e proviamo a azzardare qualche risposta

“Perché un remake di Oldboy, Spike?”

Perché il film di Park Chan-wook è tratto da un manga di Garon Tsuchiya e Nobuaki Minegishi. C’è quindi spazio sia per un ritorno alla fonte originaria sia per un’ulteriore interpretazione della stessa vicenda di base.

“Mi sembra una risposta sensata. Peccato però che la storia di Oldboy nel 2013 sia rimasta la stessa del film del 2003. Le svolte narrative sono le medesime, così come i personaggi hanno più o meno gli stessi ruoli, a parte qualche obbligatoria sfumatura leggermente cangiante rispetto alla pellicola coreana.

In fondo stiamo parlando sempre di un uomo, in questo caso Joe Ducett, un pubblicitario arrogante, smargiasso, alcolizzato interpretato da Josh Brolin, che dopo l’ennesimo fallimento e dopo aver deluso con la sua assenza la ex moglie e la figlioletta, si ritrova imprigionato in una finta stanza d’albergo. E lì vi rimane per ben vent’anni, durante i quali si dà una ripulita, riscopre l’amore paterno e l’istinto della vendetta personale. Al termine delle due decadi viene rilasciato: il suo misterioso persecutore gli intima di scoprire il segreto della colpa che ha reso necessaria la sua prigionia, pena la sicurezza della piccola Mia, la figlia ormai cresciuta. Sulla sua strada Ducett incontra una dolce ragazza, Maria (Elizabeth Olsen) che decide di aiutarlo nel suo viaggio verso la verità. Finale con grande colpi di scena. Lo stesso intreccio di 10 anni fa. E tieni conto che in tutto il mondo (credo anche da voi in America) il vecchio Oldboy è ormai divenuto un classico del thriller d’autore. Ce n’era bisogno davvero?

Perché un remake di Oldboy, Spike?”

Ma lo sai come vanno certe cose… negli USA non riusciamo a goderci un film se i protagonisti e il regista non parlano inglese.

“Dunque è questione di attori e americanizzazione? Ci può stare, perché no. Però Spike, te le devo proprio dire, i coreani vi fanno a pezzi in questo campo. Brolin sarà sì imponente, massiccio e ferale, però non c’è una sfumatura che sia una. È una prova monolitica la sua, tutta sulla stessa frequenza, non aggiunge nulla di ambiguo al personaggio (demerito anche della sceneggiatura, eh). Elizabeth Olsen di solito è talentuosa, me lo ricordo bene, e questa volta… come fare a non offendere nessuno? Beh… è un po’ cagna. Un po’ tanto. Nel senso che produce una tale serie di faccette che viene da chiedersi se non sia arrivata sul set per puro caso.

Poi mi sa che alle faccette ti sei un po’ affezionato, no? Perché anche Samuel L. Jackson e Sharlto Copley fanno a gara a chi è l’attore più demente e meno credibile, in un film che sceglie con decisione il registro realistico su ogni altra tentazione. Cioè, Jackson è una macchietta (ne ha fatte tante nella sua carriera, ci si abitua, forse pure troppo), ma Copley? Il villain mefistofelico, l’oscuro burattinaio ridotto a un imbecille snob complessato che sembra un incrocio delle peggiori interpretazioni di Bela Lugosi, Boris Karloff e Christopher Lee? Come ti è venuto in mente?

E poi la regia, Spike. Non ti si chiedeva lo stile personale dell’amato Park, che passava in scioltezza dalla comicità al dramma attraverso il grottesco e il surreale, ma almeno qualcosa di tuo. La scena della rissa a martellate in pianosequenza, ce l’hai presente? Cos’è ‘sta cosa svogliata, moscia, anonima che hai tirato fuori? A parte qualche guizzo, e pure un po’ goffo, all’inizio (le riprese barcollante per le scene d’ubriacatura. Davvero?!) ci troviamo davanti a un thriller di media fattura, non a un film di Spike Lee. L’inventivo Spike Lee.

Perché un remake di Oldboy, Spike?”

Ma le ossessioni dell’autore, la visione del mondo… e poi il finale! Hai visto, il finale è diverso!

“Ragioniamo con calma, Spike. Le tue ossessioni… ci sono dei filmati delle Torri Gemelle, uno sull’uragano Katrina (sì, lo sappiamo che hai girato When the Leeves Broke. Bravo, era molto toccante), qualche riferimento alla popolazione afroamericana dileggiata in un manifesto un po’ razzista… e che altro? Devo davvero sottolineare che praticamente tutti i ruoli secondari, quando possibile, sono andati ad attori di colore? A che pro? Ora fammi posizionare questo cartello, che parliamo del finale…

Allora, la conclusione del dilemma morale ci sta. È intrigante. Rendere Joe una vittima del male intrinseco al mondo che decide di tornare dove non può fare danni è un’idea. Ma dovevi per forza rendere il crimine iniziale molto meno ambiguo? L’hai americanizzato, è lo stereotipo dell’americanizzazione divenuto realtà filmica. È consolatorio, è pavido, ed è anche vile. Perché trasformando un rapporto incestuoso tra fratello e sorella in una sorta di orgia famigliare rendi quasi legittima, comprensibile e giustificabile la trasgressione del protagonista. È una vittima, ok, ma anche quasi un innocente. È una soluzione rozza, lo sai? Come tutto il film del resto, che per raggiungere una certa immediata efficacia narrativa imbocca immancabilmente la strada più diretta, banale, scontata, visivamente neutra. Ma davvero ti interessava Oldboy, Spike?”

… Insomma… è che gli ultimi due film sono andati male. Mi hanno proposto questo per risollevare la fiducia di spettatori e produttori… Ma a me di queste vendette al raviolo a vapore frega proprio niente.

“Si vede, Spike. E dubito che tu abbia riacquistato credito. Però guarda, c’è questo film che si intitola Ferro 3… ci mettiamo Leo DiCaprio e la Wasikowska…”  

Scritto da Style24.it Unit

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