Ma come sono buoni i telegiornali con la Chiesa dello scandalo pedofilia

È noto che il livello di servilismo dei telegiornali italiani nei riguardi della Chiesa cattolica è secondo solo a quello riservato ai partiti di governo, ma certamente colpisce la prudenza – che sovente sconfina nella reticenza – impiegata per raccontare il caso dei preti pedofili, uno scandalo di dimensioni mondiali che sta facendo tremare le mura del Vaticano e che ha già prodotto reazioni incerte e scomposte da parte delle gerarchie ecclesiastiche, quali quelle su improbabili confronti storici con la persecuzione degli ebrei. Solo che qua le vittime non sono i preti, sarebbe da chiarirlo una volta per tutte, ma i minori oggetto di abusi.

Verrebbe da domandarsi cosa sarebbe successo se lo scandalo, invece che all'interno delle parrocchie, fosse scoppiato nelle moschee sparse in tutta Europa, come avrebbero reagito i media italiani? Con la stessa moderazione e volontà di protezione? Non credo. È facile immaginarsi titoli indignati, talk show infuocati, demagoghi pronti a salire sulle ruspe per abbattere i luoghi di culto islamici, fiaccolate di cittadini indignati. Invece i cattivi stanno all'interno della Chiesa cattolica e allora va beh, conviene a tutti che ce ne dimentichiamo.

Poi, si dice, sono casi isolati. Intanto così isolati non sembrano, visto che ogni giorno esce fuori qualcosa, ma poi il dubbio, credo legittimo, è che molti episodi siano destinati a non essere mai scoperti e a cadere lentamente nell'oblio, senza punizione per i colpevoli e pietà per chi ha subito violenza. Perché quando le vittime non trovano il coraggio di parlare la verità appare destinata a rimanere coperta, e certamente il clima che si respira, di sostegno e fiducia incondizionata nelle gerarchie ecclesiastiche, probabilmente non aiuta a trovare la forza per denunciare.

Ieri nella trasmissione di Italia uno Le iene è stato intervistato un parroco che ha ammesso di essersi macchiato di abusi sui minori. Alla domanda del giornalista, che gli chiedeva quali passi intendesse intraprendere per rimediare ai suoi crimini, il prelato rispondeva candidamente di avere già fatto tutto il possibile: mi sono confessato (con un prete, non alla polizia) e prego. Ecco, il dubbio agghiacciante rimane questo: quanti sacerdoti pensano che basti la preghiera e il sacramento della confessione per sentirsi a posto con la coscienza e rimanere alla guida di una comunità di fedeli?

Scritto da Style24.it Unit

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