LinkedIn è diventato il nuovo Tinder: ecco come NON usare il social

Evelyn Novello

Nata a Milano nel 1995 e laureata in Comunicazione pubblica e d'impresa. Nel 2016 mi sono avvicinata al mondo del giornalismo e da quel momento non più smesso di scrivere.

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LinkedIn, il social network dedicato al lavoro e alla rete professionale, è diventato sempre più popolare. Peccato che non tutti gli iscritti abbiano ben capito il suo scopo. Tra apprezzamenti e complimenti non richiesti, battute squallide e approcci patetici, ecco come NON si dovrebbe usare LinkedIn.

LinkedIn: il nuovo Tinder

Domande fuori luogo, inviti a uscire e commenti sull’aspetto fisico. In questi inconvenienti, sui social, si sono purtroppo imbattute moltissime donne. Se già non bastasse il fatto che tali gesti infastidiscono su Facebook o su Instagram, riceverli su LinkedIn, un social creato per agevolare i contatti professionali, è ancora peggio. A ormai molte donne sarà capitato di vivere questa scena: richiesta di collegamento da un totale sconosciuto e poi messaggio privato in cui l’uomo approccia la ragazza inizialmente con un banale saluto. Al che, le reazioni possono essere due: credere alla buona fede dell’uomo e rispondere cercando di capire cosa voglia, oppure, mettersi subito sulla difensiva e rispondere in maniera fredda o distaccata, o se no, evitando proprio di rispondere. Se si sceglie la seconda ipotesi, non di rado l’uomo inizierà a fare domande fingendosi interessato alla carriera professionale della malcapitata, sputerà qualche complimento e le proporrà probabilmente un appuntamento per parlare o per prendere un caffè. Alla risposta negativa della ragazza, seguiranno messaggi intrisi di rabbia e frustrazione dell’uomo che denotano solamente la sua ignoranza, in primis, e poi chiaramente le sue intenzioni che con tutto avevano a che fare meno che con la carriera professionale.

Se avete vissuto queste esperienze sappiate che non siete le sole, purtroppo. Ma le ragioni che stanno alla base del fenomeno sono ormai profonde e radicate nella cultura misogina e meschina di molti uomini che pensano alle donne come a dei corpi da usare un po’ a proprio piacimento. Da questa convinzione si può facilmente intuire come, per tali soggetti, una donna non sarà mai una professionista, una mente pensante e in grado di incentrare le sue energie sulla carriera lavorativa. Probabilmente per loro sarà solo un soggetto in cerca di relazioni facili e partner occasionali. Ma questa mancata riconoscenza della serietà delle donne sul lavoro emerge anche dalla differenza di stipendio che ancora vive oggi e che, secondo i dati, porta le donne a guadagnare in media il 16% in meno dei colleghi uomini. L’equal pay day che si celebra ogni 4 novembre vuole sensibilizzare proprio su questo tema.

Se poi a ciò aggiungiamo tutta quella serie di molestie più o meno forti che le donne devono vivere in ogni ambiente, ecco che il femminismo trova evidentemente le sue ragioni di esistere. Catcalling, stalking, violenza psicologica, minacce e percosse sono solo alcuni di tutti i fenomeni in cui ancora dobbiamo vedere le donne come vittime. Vittime di una mentalità antiquata e del tutto irrispettosa della vita umana, dettata da ignoranza e arroganza. L’unica cura a questa malattia? L’istruzione. Quando insegneremo alle future generazioni il rispetto per il prossimo (e con prossimo intendo chiunque, uomo, donna, omosessuale, transessuale o straniero) forse allora gli uomini e le donne saranno sullo stesso piano e sarà compiuto quel traguardo oggi ancora lontano che si chiama parità di genere.