Niente può rappresentare meglio il nostro Paese della cena di giovedì scorso a casa di Bruno Vespa, che ha ospitato con le rispettive consorti: Gianni Letta, Mario Draghi, Cesare Geronzi, Pierferdinando Casini più Silvio Berlusconi accompagnato dalla figlia e il cardinale Bertone, segretario di Stato del Vaticano. Perché nella nostra democrazia di nome ma non di fatto i confronti che contano non si svolgono alla luce del sole in parlamento, di fronte ai cittadini elettori, ma nel chiuso di segrete stanze, in genere molto eleganti e lussuose, con tanto di menù d'alta cucina. E le decisioni politiche allo stesso modo non si prendono in Consiglio dei ministri, che – come più volte si è vantato il premier – durano solo pochi minuti; no le grandi scelte per il Paese prendono forma nelle sfarzose residenze private del premier, magari tra un cocktail e una puttana.
Inutile aggiungere che appare ancora più deprimente e squallido che l'anfitrione di tali incontri sia un giornalista tra i più noti e importanti della televisione, un signore che dovrebbe raccontare e controllare politici, imprenditori, banchieri e cardinali, e non certo invitarli a casa per appoggiare cambi di maggioranza e nuove formule di governo, alla faccia degli elettori che – un minuto dopo il voto – vengono sempre più trattati alla stregua di sudditi senza diritti e dignità. Anzi, a dirla tutto il compito di un giornalista dovrebbe essere proprio quello di smascherare incontri segreti e "cene al vertice", soprattutto di raccontarle e denunciarle al pubblico, non certo di organizzarle. Ma si sa: Vespa ha molta più familiarità col mestiere di cameriere che con quello di giornalista.
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