La versione di Vasco, libro da regalare a Natale 2011?

Recensione del libro autobiografico, ma sarebbe meglio dire testamentario, della rockstar Vasco Rossi

Non sono più una rockstar, sono un social rocker“: con questa dichiarazione posta quasi a chiusura del suo libro Vasco Rossi sembra sintetizzare la svolta mediatico-messianica che ha preso il cantante di Zocca negli ultimi tempi. Dimissionario prima, malato poi, convalescente polemico negli interstizi, ultimamente Vasco si è fatto sentire tantissimo esprimendo le sue opinioni, su Facebook in primis.

E, purtroppo, il suo libro è pieno di opinioni non richieste del genere. Dico purtroppo non solo per il contenuto, di cui parliamo tra un attimo, ma sopratutto perché molte di queste “perle” sono scritte in corpo enorme, occupando pagine intere, facendo così calare la quantità di materiale effettivo presente nel volume.

Il contenuto, si diceva. Quella che era stata presentata come un’autobiografia si rivela in realtà una miscellanea di pensieri e pensierini del Vasco, risalenti a periodi diversi della sua vita (si va dai primi anni 90 fino ad arrivare ai giorni nostri facebookiani). Molto spesso siamo dalle parti degli aforismi da agendina del cuore, quelle frasette – lette da qualche parte, ascoltate alla televisione, pescate su internet – che ci appuntavamo quando avevamo 15 anni: retrospettivamente queste sententiae ci dicono molto su ciò che eravamo e su ciò che siamo diventati, ma solo nel caso in cui scrittore e lettore siano effettivamente la stessa persona; nel caso contrario si rischia il patetismo.

Vedere questo processo di scoperta di sé in una persona di una certa età fa un po’ impressione, bisogna ammetterlo. Non si tratta neanche di concordare o meno con ciò che Vasco va affermando tra le pagine del libro (pochi gli argomenti, su cui Blasco torna ossessivamente: essere una rockstar ribelle, il pensiero indipendente, le droghe, la musica): il guaio è che sono banalità che a tutti vengono in mente, giuste o sbagliate che siano non ha importanza, solo che la maggior parte delle persone ha il pudore di tenerle per sé oppure cerca di elaborarle criticamente per dare loro una forma e uno sviluppo dignitoso.

Non si vuole tacciare Vasco di scarsa intelligenza, ché chi scrive si è trovato d’accordo con quanto letto più volte, ma semplicemente sottolineare una mancanza di lungimiranza letale per una persona che cita Spinoza, Nietzsche e Kierkegaard con una certa facilità.

Molto più interessante sarebbe stato un vero racconto della vita piena di eventi del cantante, magari priva di atteggiamenti sentenziosi e più linearmente narrativa. Le parole dedicate al padre e ai primi concerti, praticamente le uniche che possano definirsi autobiografiche, sono a volte toccanti e lasciano trasparire davvero l’uomo, invece che il mito.

Inutile scrivere un libro del genere per riaffermare l’esistenza di un personaggio di cui si sa già tutto, mentre assai pregevole sarebbe stato scoprire le debolezze reali (non solo quelle esibite), e la vita quotidiana di un simbolo dei nostri tempi, spogliato della sua veste mediatica. Così non è stato, peccato.

Scritto da Style24.it Unit

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