Il TG1, i videogiochi, Breivik e la violenza

Sempre la solita storia. Quando non sono i videogiochi, Š il wrestling. O la musica metal. O i giochi di ruolo. Quel che non si conosce viene manipolato per spaventare la gente. E’ indubbio che passare diciotto ore al giorno davanti al pc a far fuori goblin o zombie virtuali sia sbagliato: per• il problema in quel caso non Š nel videogioco, ma in chi lo usa.

Il fatto che Breivik fosse un integralista, un fanatico, un alienato, non Š importante: l’importante Š raccontare che fare una partita a Quake o Doom sia una “passione pericolosa” e che il dibattito (sui videogiochi, ovvio) “Š destinato a riaccendersi”.

La colpa Š sempre affibbiata a chi Š abbastanza debole da prendersela.


Scritto da Style24.it Unit

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