Cervelli in fuga ritornano a casa?
Sembrava un sodalizio felice e reciprocamente soddisfacente, quello tra Gabriele Muccino e il cinema americano, rappresentato dalla spietata ma solidissima industria hollywoodiana.
E invece, dopo i grandi successi raggiunti ai due film con Will Smith (La ricerca della felicità e Sette anime), giunto alla fatidica terza pellicola il regista ha fatto flop.
Non si è trattato però di un crollo decoroso, ma di una catastrofe sia dal punto di vista critico che degli incassi raggranellati da Quello che so sull’amore, interpretato da Gerald Butler, Jessica Biel, Uma Thurman, Dennis Quaid e Catherine Zeta-Jones.
I giornalisti lo hanno definito “piatto, noioso, amatoriale, spazzatura, il film peggiore dell’anno”, “destinato all’oblio immediato” e Muccino ha dovuto ingoiare l’amaro boccone, non senza essersi sfogato.
Il cineasta ha così commentato in un’intervista concessa a Repubblica il trattamento ricevuto ma sopratutto il modus operandi della grande macchina produttiva statunitense:
“Se ti impacchettano il film ‘commedia sentimentale’ si aspettano accadano certe cose. Con Will Smith era una passeggiata, mi lasciavano libero di girare come volevo. Qui ho capito cos’è davvero Hollywood: un’industria spietata dove la gente racconta balle dalla mattina alla sera e contano solo grafici, test, marketing e profitto“.
Che sia finita l’avventura a stelle e strisce del regista? E che si prevedano nuovi film su trentenni italiani che tradiscono i partner, corrono nella pioggia e si urlano addosso senza fiato?
Image credit by Getty Images
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