Finanziamento pubblico ai giornali e balle sul pluralismo

Il parlamento approva il decreto per finanziare con altri 120 milioni i quotidiani italiani, sempre più in crisi di lettori ma sempre più servizievoli col governissimo di Mario Monti

Dopo l’approvazione definitiva alla Camera del decreto legge sul finanziamento pubblico all’editoria, 120 milioni di euro gentilmente elargiti ai giornali, e le polemiche scaturite dal commento tranchant di Beppe Grillo, la Federazione nazionale della stampa replica per bocca del suo presidente Natale affastellando tutta una serie di questioni, dal conflitto d’interessi al pluralismo, alla disperata ricerca di un argomento buono per giustificare l’indifendibile. E cioè che dei giornali non letti da nessuno possano continuare a vivere grazie ai nostri soldi.

Mi piacerebbe poi approfondire l’argomento della difesa del pluralismo, dico ma di che parliamo? La quasi totalità delle testate che ricevono i soldi per gentile concessione dei politici – e già qua qualcosa non torna nella normale dialettica democratica tra media controllori, terzi e indipendenti, e potere controllato – sono entusiastici sostenitori del governassimo di Monti. Ironia delle sorte, uno dei pochi giornali che fa vera opposizione (Il Fatto quotidiano), dice di non ricevere finanziamenti pubblici, mentre quelli di destra com’è noto rispondono semplicemente agli imput del padrone (Il Giornale, Libero).

Ancora più gustoso, per gli amanti dei paradossi nostrani, è notare come su questa mole di carta che ormai non si legge più nessuno – vista la perdurante e ormai irriformabile autoreferenzialità del giornalismo italiano – pullulino gli articoli dei campioni del liberismo de noantri, che invocano tagli per chiunque (scuola, università, pubblica amministrazione, ricerca, pensioni, sanità) e poi si intascano il loro buon finanziamento pubblico senza il quale dovrebbero trovarsi, per la prima volta in vita loro, un vero lavoro.

Infine vorrei capire un altro aspetto: per quale motivo si finanzia la carta stampata, un medium chiaramente in crisi e destinato ad essere presto soppiantato dall’informazione digitale, e siti, blog e testate on line non ricevono un euro? Perché Il Foglio di Giuliano Ferrara che vende 1500 copie (un esempio a caso) sì e noi no, che ci abbiamo la rogna?

(In alto: Ferrara, il suo giornale vive grazie ai contributi statali – fonte: Infophoto).

Scritto da Style24.it Unit

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