Ballarò, Porta a porta, La 7 e i sondaggi farlocchi della tv

Quando si sente aria di elezioni, e in questi giorni l’odore di schede elettorali diventa sempre più forte, in tv e sui giornali ci sia scatena con i sondaggi: tutti a provare a misurare la forza dei partiti e a pronosticare come potrebbe andare a finire. Solo negli ultimi due giorni sul piccolo schermo ho contato cinque sondaggi, ma possibile che me ne siano sfuggiti altrettanti: quello di Maxia sul tg di Mentana, quello di Pagnoncelli a Ballarò e ben tre da Vespa, che si è messo a fare una strampalata par condicio dei sondaggi (il che la dice lunga su quanto venga preso sul serio lo strumento).

Ma quale affidabilità hanno queste rilevazioni, sulle quali spesso si sviluppa il dibattito politico? La verità è che, anche da un punto di vista scientifico, si dovrebbe avere l’onestà di presentarli come puramente indicativi, mentre si tende a snocciolare dati come fossero verità assolute. Soprattutto non si ha il coraggio di dire che la gente, stufa di essere contattata al telefono per mille cose, è sempre meno disposta a dedicare a gratis quei venti – trenta minuti necessari per rispondere alle domande del questionario, e spesso butta giù la cornetta appena sente la parola “sondaggio”.

Questo comporta un problema serio, che i sondaggisti conoscono bene ma che rientra nei tecnicismi che è bene restino nascosti al pubblico e anche al committente (cioè ai giornalisti, che sanno di statistica come io so di religioni orientali). Un campione per essere rappresentativo deve essere casuale (che non vuol dire scelto a casaccio, ma secondo criteri di casualità statistica). Ciò significa che dalla popolazione italiana devo estrarre mille nominativi – in genere questa è la consistenza dei campioni – e poi procedere a intervistarli dal primo all’ultimo. Se alcuni di questi rifiutano l’intervista, e quindi devono essere sostituiti, la casualità del campione comincia a vacillare.

C’è da dire che i campioni vengono stratificati per le principali caratteristiche socio-demografiche: sesso, età, area geografica, ampiezza del comune e a volte titolo di studio o condizione professionale. Ciò significa che se un giovane laureato del nord rifiuta l’intervista non posso sostituirlo con un pensionato calabrese, ma dovrò contattare un altro giovane laureato del nord. Il punto è che a parte le variabili stratificate ne operano altre che sono impossibili da tenere sotto controllo: tra i due giovani laureati del nord ci possono essere rilevanti differenze, per esempio in merito all’interesse per la politica. Uno, quello che mi rifiuta l’intervista, può essere completamente disinteressato, l’altro, quello che accetta di rispondere, un militante di partito.

In poche parole alla fine il campione si può autoselezionare e diventare sempre meno rappresentativo della popolazione reale. Tornando all’esempio di prima, è probabile che le persone più disinteressate si sottraggano al questionario finendo per dare più visibilità ai soggetti maggiormente politicizzati. Il risultato può essere quello di sottostimare l’astensione o il consenso di quei partiti che hanno un elettorato più apatico (come il Pdl). O ancora, è probabile che si rifiutino di rispondere anche molti indignati, persone fortemente interessate al dibattito politico ma schifate dal sistema partitico. Il risultato? Ancora una volta una sottovalutazione dell’astensione o dei partiti di protesta. Grillo, che veniva dato da tutti al tre per cento, in Molise ha preso più del sei!

Potrei continuare all’infinito, ma penso che il discorso sia chiaro. Per farvi un’idea potete andare a consultare questo sito internet, dove gli istituti demoscopici sono obbligati a pubblicare le loro rilevazioni con tutti i dati, compreso quello sulle interviste rifiutate. Che per la cronaca, mediamente, variano tra le tremila e le diecimila per ogni indagine. Cioè a volte è necessario chiamare dieci persone prima di trovarne una disponibile all’intervista. Con tanti saluti alla nostra agognata rappresentatività.

(In foto: Pagnoncelli, sondaggista di Ballarò).

Scritto da Style24.it Unit

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