Chi era Trilussa: tutto sul poeta romano

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Per diventare grandi letterati è fondamentale avere uno stile caratterizzante.

Per esempio chiamavano Eugenio Montale il “poeta della disperazione” per il suo freddo e impercepibile dolore di vivere. Trilussa invece grazie alle sue composizioni riflessive in dialetto romanesco è diventato simbolo dei caffè culturali della Bella Epoque.

Chi era Trilussa

Trilussa, nome d’arte di Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri (Roma, 26 ottobre 1871 – Roma, 21 dicembre 1950), è stato un poeta, scrittore e giornalista italiano, conosciuto per le sue composizioni in dialetto romanesco.

Attraverso una scelta attenta delle parole del romanesco si occupa per quasi tutta la sua vita di cronaca romana e italiana. Le sue parole pungenti sono quasi sempre volte a criticare il mondo della politica e la gerarchia classista del paese. Ha commentato periodi quali l’età giolittiana, il fascismo e la vita del dopo guerra. La sua satira non solo tocca temi politici e sociali, ma lo fa con una nota di riflessioni sconsolate e leggera malinconia.

Spesso la sua ironia si riferisce anche agli amori che finiscono e la prospettiva di una vecchiaia in solitudine.

Le sue riflessioni sulla vita si colgono velatamente con successo anche attraverso le favole.

Non è l’unico autore nella storia della letteratura ad aver colto l’importanza di suggerire una morale con storie per bambini. Sua caratteristica denotativa è che non si accontenta della felice trovata finale, ma sviluppa un percorso che diverte lui in primis e possa educare chi legge.

L’inizio della carriera letteraria

Tra il 1887 e il 1950 Trilussa ha pubblicato le sue poesie inizialmente sui giornali per poi raccoglierle in un secondo momento in volumi.

Scegliere di passare prima per la pubblicazione sui periodici gli permette di raccogliere subito i giudizi dei lettori. Scrive la prima composizione all’età di sedici anni e la presenta a Giggi Zanazzo, direttore del Rugantino, rivista in dialetto romanesco, chiedendone la pubblicazione. L’opera racconta dell’invenzione della stampa e del suo sviluppo, fino a fare una critica dell’uso dei mezzi di informazione contemporanei.

Tra le tante poesie pubblicate negli anni successivi sul Rugantino, riscuotono grande successo le “Stelle de Roma”, una serie di circa trenta madrigali che omaggiano alcune delle più belle fanciulle di Roma.

La popolarità che ottengono le sue composizioni portano l’autore a selezionarne venti e raccoglierli in “Stelle de Roma. Versi romaneschi, pubblicato nel 1889 da Cerroni e Solaro.

La collaborazione con il Don Chisciotte

Il lavoro più importante per Trilussa inizia probabilmente nel 1891 quando gli viene chiesto di scrivere per “Il Don Chisciotte della Mancia”, un quotidiano di diffusione nazionale, alternando articoli satirici e cronache di vita quotidiana. La sua produzione sul giornale diventa estremamente rilevante, al punto da cambiare denominazione due anni dopo in “Il Don Chisciotte di Roma”.

In questo periodo prepara inoltre la pubblicazione del suo secondo volume di poesie, “Quaranta sonetti romaneschi, una raccolta che a dispetto del nome contiene quarantuno sonetti raccolti dalle pubblicazioni sulla rivista.

Nasce durante il suo lavoro alla rivista il soprannome di “Trilussa favolista”. Scrive infatti dodici poesie di cui alcune ispirate a favole già esistenti rimodernate. Prende infatti favole come quelle di Esopo adattandole ad una morale attuale. Raggiunto un certo successo con le pubblicazioni diventa simbolo dei caffè culturali dove si incontra con altri intellettuali creando uno scambio di produzioni.