Studio illegale: trailer trama e recensione del film con Fabio Volo

Fabio Volo in un altro ruolo da cinico: questa volta è un avvocato in crisi d’identità

Nato inizialmente come blog che raccoglieva le sue vicissitudini lavorative all’interno di un grande studio legale milanese, Studio illegale è poi divenuto il primo romanzo di Federico Baccomo detto Duchesne, che ha riscosso un grande successo di vendite.

Oggi questo titolo, dopo le librerie, ritorna a campeggiare anche nelle sale cinematografiche sotto forma di film cucito addosso al suo protagonista Fabio Volo, attrazione principale per tutti i potenziali spettatori al di fuori della cerchia dei lettori del blog-libro. 

Ambientato dunque nella Milano del design d’avanguardia e delle apparenze-prima-di-ogni-cosa, la pellicola diretta da Umberto Carteni racconta la storia di Andrea Cambi, avvocato di un prestigioso studio di avvocati. Una volta una tigre in carriera, Alberto sembra ormai essersi rassegnato con scoramento a una vita da perenne single che deve accontentarsi di sveltine squallide, tristi pranzi presso la rosticceria cinese sotto casa, assenza di calore umano, dedizione totale per un lavoro che non ama più e la fine di ogni speranza in un destino migliore.

Saranno due segni contrastanti a indicargli una nuova possibilità: il suicidio di un collega, che si lancia dalla finestra dell’ufficio distruggendogli l’automobile, e l’incontro con un bellissima avvocatessa francese, Emilie (Zoe Felix), controparte giuridica del suo ultimo incarico. Andrea ha infatti il compito di seguire l’acquisizione di una piccola azienda farmaceutica da parte di una grande multinazionale di proprietà di uno sceicco di Dubai. L’incontro fatale con la donna gli farà ovviamente riconsiderare i suoi valori e gli insegnerà anche qualche inaspettata verità sulla natura dell’amore.

A metà tra la commedia satirica sull’avvocatura di alto livello e la frenesia della modernità e il dramma personale e sentimentale, Studio illegale non prende mai una decisione netta, rimanendo costantemente in bilico tra due toni e atmosfere diverse, a volte divergenti e spesso controproducenti.

Fabio Volo, interprete mediocre (nel senso dell’uomo medio che rappresenta), non è certo colui che può reggere una sfida attoriale del genere e non convince né nelle parti comiche né in quelle drammatiche, rimanendo sempre se stesso, incapace di farci credere alla verità di un uomo successo in crisi di identità. Molto più in parte tutto il cast di contorno, a partire da una deliziosa Zoe Felix, passando per la piccola parte della sempre convincente Marina Rocco, soffermandosi su un Ennio Fantastichini forse troppo gigione ma efficace e concludendo con un Nicola Nocella verosimilmente impacciato e dalle molte sfumature (sicuramente suo il personaggio migliore).

A questi ultimi due si devono poi le poche risate strappate dalla pellicola, a causa di una comicità che – forse per la natura episodica del testo di partenza – si concentra molto su scenette isolate e astratte dal contesto. Fondamentale poi per il fallimento delle sezioni più leggere è la disastrosa mancanza assoluta di ritmo, più e più volte spezzato da lunghe panoramiche, digressioni formalistiche, raccordi insistiti e momenti riflessivi poco adeguati al resto della storia.

Contemporaneamente, però, bisogna segnalare come questa inusuale cura fstilistica per la composizione delle inquadrature e le scelte fotografiche (un filtro a metà tra la vecchia Polaroid e Instagram) sia anche l’aspetto di maggiore interesse di un film che avrebbe alte ambizioni, un ritratto sociologico di un disagio assai diffuso, ma le fa naufragare per mancanza di coraggio.

Staccati dal corpo narrativo, questi momenti di spaesamento sono inerti e non dialogano con le altre immagini del tessuto del film, risultando artifici sterili e inespressivi; allo stesso modo anche la possibile iniezione di cattiveria, pienamente coerente con le premesse, arrivano troppo tardi o non affondano mai come dovrebbero per essere considerate consustanziali e non delle mere aggiunte.

A voler essere pedanti e dietrologi si potrebbe anche aggiungere un certo senso di irritazione per un film che propone una difesa d’ufficio – è il termine giusto – di una categoria e di un mondo come quello degli avvocati dei piani alti i quali, evidentemente non paghi del loro stile di vita da nababbi, vorrebbero anche la nostra compresione e commiserazione.

Dopo l’indisponente prima prova di Umberto Carteni, quel Diverso da chi? in cui il mondo omosessuale era rappresentato esclusivamente da checche isteriche e quello femminile da nevrotiche fanatiche cattoliche divorziate, ecco un’altra bella supposta di velata deriva montiana da accettare col sorriso: questa volta dovremmo parteggiare per un Fabio Volo cane bastonato uggioso, invidiarne lo stile di vita da ricco bauscia e poi roderci per i suoi fastidiosi pruriti esistenziali post-borghesi?

Ma teneteveli entrambi, lui e Andrea Cambi! 

Scritto da Style24.it Unit

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