L’ennesima trasposizione fantasy-romantica dedicata ai più giovani
È arrivato nelle sale italiane, coperto da uno strano silenzio (causato forse anche dalla concomitante apertura del 70° Festival di Venezia) Shadowhunters – Città d’ossa, nuovo “young-adult” cinematografico che tenta di raccogliere lo scettro, ma sopratutto il bottino, lasciato vacante da Twilight, insinuandosi nella stessa nicchia di mercato e rivolgendosi allo stesso target.
La mancanza di un battage pubblicitario serrato è in effetti insolita, dato che la pellicola diretta da Haward Zwaft (La pantera rosa 2 e The Karate Kid – La leggenda continua) è la trasposizione, come prassi, del primo romanzo di una saga fantasy urbana di grande successo, conosciuta originariamente con il nome di The Mortal Instruments.
La serie di volumi scritti da Cassandra Clare riprende tematiche che sono state rivoltate come un calzino in questi anni, ma che nondimeno risultano essere sempre estremamente gettonate dagli adolescenti: una ragazza che scopre di non appartenere alla normale e noiosa quotidianità in cui vive; l’esistenza di una dimensione nascosta, occulta, fantastica, esoterica e letale (il Mondo delle Ombre) da cui provengono tutti i mostri della tradizione letteraria nera; l’arruolamento nelle fila degli Shadowhunter, guerrieri deputati alla caccia di tali creature; e infine l’obbligatorio triangolo sentimentale, costituito dalla protagonista Clary (Lily Collins), dal migliore amico Simon (Robert Sheehan) e dal bel tenebroso Jace (Jamie Campbell Bower).
Clary, allo scopo di salvare sua madre rapita da forze oscure, dovrà recuperare un artefatto, la Coppa Mortale, in grado di cambiare le sorti dello scontro tra gli Shadowhunter e un potente reietto che ha come folle scopo quello di distruggere tutti gli abitanti del Mondo delle Ombre, in modo da riportare la purezza assoluta sulla Terra.